06 marzo 2016

La bella addormentata sul ghiaccio

Lo confesso: ero riuscito ad addormentarmi allo spettacolo di Roberto Bolle & Friends. Lo scoprii il giorno dopo (no, non avevo dormito così tanto), guardando il servizio sul tg regionale, e vedendo che alcune scene proprio non le ricordavo. Questo per dire che gli spettacoli di pura danza non sono proprio nelle mie corde, almeno che non vengano "travestiti" da qualcos'altro. Ho apprezzato perciò moltissimo lo Schiaccianoci di Matthew Bourne, o il Lago dei Cigni su ghiaccio, visti alcuni anni fa; ecco che anche questa Bella Addormentata, portata al Rossetti dalla stessa compagnia - Imperial Ice Stars -, che nel 2013 aveva per la prima volta trasformato il palco del grande teatro triestino in una pista di ghiaccio portando in scena una impeccabile versione, appunto, del Lago dei Cigni, partiva coi giusti presupposti.
Le attese non sono andate deluse. Il famoso balletto di Tchaikovsky, messo in mano (anzi: nei pattini da ghiaccio) a questa compagnia diventa "altro" e incanta grandi e piccini con piroette, salti, volteggi e momenti di spericolata acrobazia portati in scena con tale naturalezza e grazia che dopo pochi minuti lo spettatore manco più se ne accorge che quelli in scena sono pattinatori e non ballerini.
Stupisce la precisione dei movimenti e delle coreografie, studiate al millimetro, sorprende sempre l'eccezionale forza muscolare dei ballerini che spesso e volentieri fanno roteare in aria (e a notevole altezza, vista la stazza di alcuni di loro) le loro partner. Meravigliano gli sfarzosi costumi, fanno presa sul pubblico i numerosi momenti in cui anche il fuoco entra in scena.
Ascoltando la colonna sonora del balletto, ci si rende pure conto di quanto l'omonimo film d'animazione della Disney debba alle musiche di Tchaikovsky; e la scelta di trasformare la strega cattiva in uno statuario stregone si rivela azzeccata.
I numeri di questa produzione danno l'idea della grandiosità dell'evento: 36 persone nel cast, 18 ballerini in scena, 7 ore di allenamenti al giorno, un medico al seguito, 18 km di tubazioni che scorrono sotto il palco per trasformarlo in una pista da 14 tonnellate di ghiaccio a -15°.
Numerosi applausi a scena aperta, al termine una vera ovazione.

22 febbraio 2016

Oblivion: the Human Jukebox!

E’ arduo scrivere qualcosa di originale su questo spettacolo. Che innanzittutto non è uno spettacolo: è un happening. E’ cabaret. E’ bravura. E’ eccellenza. E’ divertimento allo stato puro. E’ che ogni volta che si legge una recensione, una nota, un post su questi cinque (sei, dai: una delle protagoniste è al settimo mese di gravidanza, ed il bebé nascerà sul palco, a questo punto) eterni Peter Pan che si chiamano Oblivion, gli aggettivi superlativi si sprecano.
Vi dirò la verità: hanno ragione. Il modo migliore per vederli in azione è in teatro (io me li son gustati al Teatro Orazio Bobbio, a Trieste), non cercateli in tv anche se hanno dalla loro diverse apparizioni in ordine sparso; il piccolo schermo non rende loro giustizia, e le folle distratte dal telecomando, da millantamila canali digitali e da smartphone e tablet, non apprezzerebbero appieno la loro superlativa comicità fatta di talento, improvvisazione, capacità di capirsi al volo e tanta, tanta, tanta competenza. Che è poi quella che manca, il più delle volte, ai blasonati protagonisti di tanti spettacoli e talent show televisivi.
Lo spettacolo, dicevamo. The Human Jukebox racchiude già il senso di quello che si va a vivere: i cinque performer, nati e cresciuti sotto l’ala protettiva della BSMT di Bologna, che è tra le più quotate scuole di musical in Italia, in un’ora e mezza filata frullano, smontano, parodiano, improvvisano, uniscono decenni di musica italiana e internazionale in una serie di siparietti ognuno dei quali vale il biglietto. Già prima dello spettacolo vagano in platea, accolgono gli stralunati spettatori chiedendo loro di scrivere su alcuni biglietti i loro cantanti preferiti; biglietti che saranno estratti sul palco e che andranno a costituire l’ossatura assolutamente casuale di quello che dovranno cantare.
Difficile? Sì, ma considerata la loro sconfinata preparazione e l’apparente banalità delle scelte del pubblico (che non si discostano molto dai soliti noti Dalla, Morandi, Battisti, Mina e Queen; io ci ho provato inserendo Idina Menzel e Pia Douwes, ma non mi hanno estratto), ecco che lo spettacolo si fa direttamente sotto i nostri occhi. Ed è un autentico spasso, perché il pubblico è continuamente coinvolto in un continuo scambio di battute diverso di sera in sera.
Lascio a voi il gusto di scoprire il canovaccio della serata, una travolgente scaletta che spazia dal recentissimo medley sulle canzoni vincitrici del Festival di Sanremo, ad una esilarante parodia dei tre tenorini de Il Volo, alla X-Factoria Ia-Ia-O, ad uno spassoso FestivalZar con le (antiche) glorie canore nazionali emigrate nei Paesi Baltici, e tanto, tanto, tanto ancora.
Preparatevi, perché uscirete dallo show spossati e contenti.
Mi rendo conto di non aver nominato nessuno degli Oblivion. Ma mi sono sforzato di scrivere quello che gli altri non scrivono mai, e gli altri li nominano sempre. Perciò...

17 gennaio 2016

Billy Elliot, emozioni senza fine

Sarà che da quando sono padre certe situazioni mi toccano nel profondo, ma quando Billy estrae la lettera che sua madre gli aveva scritto per quando fosse diciottenne, la dà alla maestra di danza affinché la leggesse, e compare in scena lo spirito della madre morta a cantare e leggere con loro... bè, come si fa a non commuoversi e a trattenere le lacrime? Ed ero pure in buona compagnia, visto che buona parte della platea singhiozzava e si asciugava gli occhi. Stiamo parlando ovviamente di Billy Elliot, uno dei musical più amati al mondo, che in questi giorni ha fatto tappa al Politeama Rossetti di Trieste con il tour italiano dell’allestimento adattato e diretto da Massimo Romeo Piparo. Uno dei successi della scorsa e attuale stagione, dal debutto al Sistina nel maggio 2015, che ha consacrato il giovane Alessandro Frola (figlio d’arte, proviene da una famiglia di etoile e ballerini) piccola star nel ruolo del protagonista. Nella recita vista ieri pomeriggio i ruoli principali erano tenuti dai sostituti: Christian Roberto (Billy), Arcangelo Ciulla (Michael, l’amico di Billy che gioca con le Barbie e ama vestirsi con abiti femminili), Elisabetta Tulli nel panni dell’insegnante di danza Mrs. Wilkinson, Sabrina Marciano in quelli della madre defunta. Nonostante l’allestimento sia diverso dall’originale inglese, e le coreografie del giovane Billy ridotte (la famosa e iconica sequenza con le sedie rotanti e Billy volante, quando il protagonista è affiancato da sé stesso adulto sulle note del Lago dei Cigni, è sostituita da altri espedienti scenici, efficaci in egual misura), il musical funziona: emoziona, diverte, commuove dall’inizio alla fine. Gli si perdona qualche caduta di stile e qualche ammiccamento di troppo alla platea, ma le scene corali e di massa sono gestite bene, e Piparo riesce a rendere con maestria l’atmosfera di una periferia degradata alle prese con lo sciopero dei minatori in epoca thatcheriana, di una società allo sbando, di un quadro familiare violento che non capisce subito le vere aspirazioni di un dodicenne mandato a lezioni di boxe con l’amico effeminato perché così si diventa veri uomini. Luca Biagini tratteggia un padre tormentato, mentre a Cristina Noci è affidato il ruolo di una spassosissima e finta tonta Nonna; Elisabetta Tulli è una convincente Mrs. Wilkinson, l’insegnante di danza che saprà riconoscere il talento del giovane Billy, mentre Jacopo Pelliccia interpreta bene lo spaesato e goffo insegnante di boxe. Maurizio Semeraro, nonostante la stazza, stupisce tutti con la grazia e i passi di danza nel suo ruolo del pianista Mr. Braithwaite. Donato Altomare è Tony, l’idealista fratello di Billy, e tanti applausi se li merita, come dicevamo, il giovane Arcangelo Ciulla nei panni di Michael, scontata l'ovazione per Christian Roberto.
Le stelle sulla volta del Rossetti che si accendono nei momenti giusti, fanno il resto. Una storia solida, musiche di Elton John che si lasciano ascoltare e toccano picchi di emozione assoluta, scenografie efficaci, audio ben bilanciato (non c’è l’orchestra dal vivo, sarebbe stato un punto in più, sicuramente): sono tanti i motivi per non farsi scappare questo show, anche senza sedie rotanti e Billy volanti. Se per vedere i grandi titoli del musical internazionale in Italia dobbiamo accontentarci di versioni non-replica... se sono fatte bene così, ben vengano.