Ieri pomeriggio mi sono concesso un bel pomeriggio musical-e con i protagonisti del musical di domani: gli allievi della BSMT di Bologna, che hanno fatto tappa a Trieste con il loro Ragtime.
Ne avevo già sentito parlare molto bene, specialmente dall'Amico del Musical Gabriele Bonsignori (ehm ehm... conflitto di interesse... ^__^), ho fatto i salti mortali tra il pranzo natalizio coi colleghi e il Concertòn in teatro a Monfalcone, per riuscire ad esserci anch'io nella piccola Sala Bartoli del "Rossetti", spazio adattissimo per questa versione completamente acustica del musical.
Mea culpa, non mi piace andare a teatro completamente digiuno di quello che sentirò e vedrò, e questo era uno di quei musical in lista d'attesa - assieme a molti altri - per essere ascoltato, capito, assimilato per tempo; tempo che non basta mai, naturalmente. Ma almeno adesso ho un buon motivo per considerarlo maggiormente.
Che dire, se non bravi! Una quarantina di performer in scena capitanati dalla vulcanica Shawna Farrell, che ha allestito questo grande e convincente affresco corale, portando in scena temi non facili quali l'immigrazione, la povertà, il razzismo, le tante contraddizioni sociali della New York di un secolo fa.
Accompagnati solamente da un pianoforte, un contrabbasso e dalle percussioni, i ragazzi hanno sfoggiato notevoli capacità canore e recitative, dando il meglio negli emozionanti e numerosi momenti corali e spaziando con facilità dal jazz al blues, dallo swing al ragtime, in un caleidoscopio di stili musicali sapientemente mescolati dal compositore Stephan Flaherty.
Senza nulla togliere agli altri, un plauso particolare a Filippo Strocchi nella parte di Coalhouse e a Fabio Vagnarelli in quella del padre.
Bellissimi e molto curati i costumi ("bianco-borghese" per i bianchi - vedi foto -, colori accesi per i personaggi di colore, i colori della terra - nero, marrone, grigio - per gli immigrati), efficaci le ambientazioni ricreate con pochi e versatili elementi scenici, che gli stessi performer componevano e trasformavano in scena.
Il pubblico triestino ha risposto calorosamente (e con una recita aggiunta in corsa per la grande richiesta) a questo che tutto è meno che un semplice "saggio" scolastico; e da lodare all'infinito la coraggiosa scelta della BSMT di proporre un tipo di musical che altrimenti non avrebbe vita facile in Italia. Purtroppo non me lo sono goduto fino alla fine, ho dovuto scappare via (per i motivi di cui all'inizio), a metà del secondo atto - parentesi: però tre ore e passa di spettacolo non sono un po' troppo lunghe per uno spettacolo con fini "didattici"? -; ulteriore buon motivo per recuperare il cd e dedicarci l'attenzione che merita.
22 dicembre 2006
12 dicembre 2006
Rebecca, un sogno formato kolossal
Vienna, 9 dicembre 2006 - E finalmente venne il giorno di Rebecca. Ho atteso tanto questa serata, da quando me ne parlò Silvester Levay in persona (che onore!) in quel di Miramare, a Trieste, per la "prima" italiana di Elisabeth. Sarà un musical romantico, pieno di mistero e suspence... mi disse. Si dimenticò un dettaglio: oltre a tutto ciò, Rebecca è un musical GRANDIOSO.
Grande in tutto, a partire dalla "R" fiammante, su sfondo blu oltre mare, proiettata sul sipario del Raimund Theater di Vienna, tra rumori di onde che si infrangono sugli scogli e versi di gabbiani che volano.
Grande nelle scenografie: dopo lampadari che precipitano, elicotteri che atterrano, barricate che si ergono, velieri che affondano, streghe che volano, pensavo che le magie teatrali avessero ancora poco da offrire. Mi sbagliavo. In Rebecca si formano sotto gli occhi i lussuosi ambienti di un hotel a Montecarlo, il salone del castello di Manderley - con una spettacolare scalinata che unisce a vista piani diversi del palco, una baracca in riva all'oceano; e le numerose e mai invadenti videoproiezioni rendono il musical molto "cinematografico", aggiungendo effetti spettacolari in più.
Grande nella storia: un sapiente intreccio di amore, morte e mistero dosato magistralmente da Daphne Du Maurier nel suo più famoso romanzo (oltre 15 milioni di copie vendute nel mondo dal 1938, anno della pubblicazione), un raffinato thriller psicologico ambientato tra Montecarlo e la Cornovaglia nel 1926 che ha ispirato a Hitchcock il film con Joan Fontaine e Laurence Olivier, al quale Michael Kunze (libretto) e Silvester Levay (musiche) si sono ispirati per il loro musical.
Grande nelle musiche. Levay non raggiunge l'insuperato Elisabeth, ma si inventa una partitura elegante, romantica e decadente, con un prologo (Ich hab getraumt von Manderley / Ho sognato Manderley) e un epilogo che si insinuano subito nella testa, e una serie di songs - tra le quali il main theme dello show, il travolgente Rebecca - che non ti lasciano più.
Grande negli interpreti: i Vereingniten Buhnen Wien hanno coinvolto un cast stellare. Wietske Van Tongeren - già vista come Elisabeth a Miramare - è la dolce, ingenua, sprovveduta "Ich". Come nel romanzo della Du Maurier, è lei l'innominata voce narrante dello show. Senza identità; del resto la protagonista invisibile è Rebecca, la bella, perfetta, inarrivabile prima moglie di Maxim De Winter, che sul palco ha il volto e la voce di Uwe Kroeger. Grande animale da palcoscenico, primadonna del musical tedesco e austriaco, in questo ruolo non si smentisce, calandosi perfettamente nell'angosciato e tormentato ruolo di vedovo con un ingombrante mistero da nascondere. Susan Rigvava-Dumas è la vera, grande, rivelazione dello show. La sua Mrs. Danvers, la governante di Manderley ossessionata dal culto di Rebecca, domina la scena dal primo momento in cui appare. Fredda, glaciale, immensa, con una voce da brivido. Carin Filipcic è l'ingombrante, divertente, dirompente Mrs. Van Hopper, la miliardaria americana alle cui dipendenze, come dama di compagnia, all'inizio dello show troviamo "Ich". E' suo uno degli showstopper del musical, I'm an american woman, in perfetto Broadway-style. Kerstin Ibald è Beatrice, la sorella di Maxim; soprano dolcissimo, con la sua vitalità saprà far trovare ad "Ich" la forza per reagire a Mrs. Danvers e al mistero attorno alla morte di Rebecca con l'altra hit dello spettacolo, Die staerke einer liebenden frau / La forza di una donna innamorata (The power of a woman in love nella versione internazionale di Gloria Gaynor). Norberto Bertassi è lo spaesato Ben, il pescatore ritardato che avrà il suo ruolo nello sbrogliarsi della matassa; Carsten Lepper è Jack Favell, l'irritante cugino-amante di Rebecca pronto al ricatto per guadagnarci qualcosa dalla morte della donna; André Bauer, infine, è il rassicurante Frank Crawley, il contabile di Manderley pronto a difendere Maxim dalle pesanti accuse nei suoi confronti.
La regia di Francesca Zambello ricorda l'opera lirica, con pochi movimenti corali ma studiati nei minimi dettagli - come in Die neue Mrs. De Winter / La nuova Mrs. De Winter, con tutta la servitù di Manderley ad aspettare il padrone con la nuova moglie, o in Der Ball von manderley / Il ballo a Manderley, la grande festa in costume a cui segue I'm an american woman; o in Strandgut / Incagliamento, quando la folla di paesani accorre sulla spiaggia per cercare di disincagliare un veliero, che porterà alla scoperta del relitto con all'interno il corpo di Rebecca - e una abbondanza di asolo e duetti, funzionali agli stupefacenti cambi di scena.
Quasi tre ore di spettacolo con la "S" maiuscola, un autentico piacere per gli occhi e per le orecchie.
E il fatto che fosse tutto in tedesco... bé, io mi ero adeguatamente preparato leggendo il romanzo - che consiglio a tutti i miei quattro lettori - e guardando il film, ma nell'elegante e dettagliato programma di sala c'è la sinossi dello show anche in inglese.
Purtroppo il cd con il cast originale raccoglie soltanto gli highlights dello spettacolo, mancando del tutto i divertenti battibecchi iniziali di Mrs. Van Hopper (ed almeno due sue canzoni), molti momenti parlati con la ripresa dei temi musicali a far da sottofondo e - soprattutto - la prima, folgorante esecuzione di Rebecca e il finale del primo atto, quando "Ich" prova il costume bianco nella sua camera, scende la scalinata con uno stupefacente effetto scenico e viene bloccata da Maxim sulle note del primo "reprise" di Rebecca. Confido che un cd completo (e perché no, anche un dvd, considerato che lo show è destinato comunque a chiudere prima del 2008) sia realizzato quanto prima.
Insomma, ammiro sempre di più questi austriaci. E spero prima o dopo di poterli rivedere, e risentire, anche in Italia.
Ed ora, godetevi gli 8 minuti di questo promo realizzato dalla ORF...
Grande in tutto, a partire dalla "R" fiammante, su sfondo blu oltre mare, proiettata sul sipario del Raimund Theater di Vienna, tra rumori di onde che si infrangono sugli scogli e versi di gabbiani che volano.
Grande nelle scenografie: dopo lampadari che precipitano, elicotteri che atterrano, barricate che si ergono, velieri che affondano, streghe che volano, pensavo che le magie teatrali avessero ancora poco da offrire. Mi sbagliavo. In Rebecca si formano sotto gli occhi i lussuosi ambienti di un hotel a Montecarlo, il salone del castello di Manderley - con una spettacolare scalinata che unisce a vista piani diversi del palco, una baracca in riva all'oceano; e le numerose e mai invadenti videoproiezioni rendono il musical molto "cinematografico", aggiungendo effetti spettacolari in più.
Grande nella storia: un sapiente intreccio di amore, morte e mistero dosato magistralmente da Daphne Du Maurier nel suo più famoso romanzo (oltre 15 milioni di copie vendute nel mondo dal 1938, anno della pubblicazione), un raffinato thriller psicologico ambientato tra Montecarlo e la Cornovaglia nel 1926 che ha ispirato a Hitchcock il film con Joan Fontaine e Laurence Olivier, al quale Michael Kunze (libretto) e Silvester Levay (musiche) si sono ispirati per il loro musical.
Grande nelle musiche. Levay non raggiunge l'insuperato Elisabeth, ma si inventa una partitura elegante, romantica e decadente, con un prologo (Ich hab getraumt von Manderley / Ho sognato Manderley) e un epilogo che si insinuano subito nella testa, e una serie di songs - tra le quali il main theme dello show, il travolgente Rebecca - che non ti lasciano più.
Grande negli interpreti: i Vereingniten Buhnen Wien hanno coinvolto un cast stellare. Wietske Van Tongeren - già vista come Elisabeth a Miramare - è la dolce, ingenua, sprovveduta "Ich". Come nel romanzo della Du Maurier, è lei l'innominata voce narrante dello show. Senza identità; del resto la protagonista invisibile è Rebecca, la bella, perfetta, inarrivabile prima moglie di Maxim De Winter, che sul palco ha il volto e la voce di Uwe Kroeger. Grande animale da palcoscenico, primadonna del musical tedesco e austriaco, in questo ruolo non si smentisce, calandosi perfettamente nell'angosciato e tormentato ruolo di vedovo con un ingombrante mistero da nascondere. Susan Rigvava-Dumas è la vera, grande, rivelazione dello show. La sua Mrs. Danvers, la governante di Manderley ossessionata dal culto di Rebecca, domina la scena dal primo momento in cui appare. Fredda, glaciale, immensa, con una voce da brivido. Carin Filipcic è l'ingombrante, divertente, dirompente Mrs. Van Hopper, la miliardaria americana alle cui dipendenze, come dama di compagnia, all'inizio dello show troviamo "Ich". E' suo uno degli showstopper del musical, I'm an american woman, in perfetto Broadway-style. Kerstin Ibald è Beatrice, la sorella di Maxim; soprano dolcissimo, con la sua vitalità saprà far trovare ad "Ich" la forza per reagire a Mrs. Danvers e al mistero attorno alla morte di Rebecca con l'altra hit dello spettacolo, Die staerke einer liebenden frau / La forza di una donna innamorata (The power of a woman in love nella versione internazionale di Gloria Gaynor). Norberto Bertassi è lo spaesato Ben, il pescatore ritardato che avrà il suo ruolo nello sbrogliarsi della matassa; Carsten Lepper è Jack Favell, l'irritante cugino-amante di Rebecca pronto al ricatto per guadagnarci qualcosa dalla morte della donna; André Bauer, infine, è il rassicurante Frank Crawley, il contabile di Manderley pronto a difendere Maxim dalle pesanti accuse nei suoi confronti.
La regia di Francesca Zambello ricorda l'opera lirica, con pochi movimenti corali ma studiati nei minimi dettagli - come in Die neue Mrs. De Winter / La nuova Mrs. De Winter, con tutta la servitù di Manderley ad aspettare il padrone con la nuova moglie, o in Der Ball von manderley / Il ballo a Manderley, la grande festa in costume a cui segue I'm an american woman; o in Strandgut / Incagliamento, quando la folla di paesani accorre sulla spiaggia per cercare di disincagliare un veliero, che porterà alla scoperta del relitto con all'interno il corpo di Rebecca - e una abbondanza di asolo e duetti, funzionali agli stupefacenti cambi di scena.
Quasi tre ore di spettacolo con la "S" maiuscola, un autentico piacere per gli occhi e per le orecchie.
E il fatto che fosse tutto in tedesco... bé, io mi ero adeguatamente preparato leggendo il romanzo - che consiglio a tutti i miei quattro lettori - e guardando il film, ma nell'elegante e dettagliato programma di sala c'è la sinossi dello show anche in inglese.
Purtroppo il cd con il cast originale raccoglie soltanto gli highlights dello spettacolo, mancando del tutto i divertenti battibecchi iniziali di Mrs. Van Hopper (ed almeno due sue canzoni), molti momenti parlati con la ripresa dei temi musicali a far da sottofondo e - soprattutto - la prima, folgorante esecuzione di Rebecca e il finale del primo atto, quando "Ich" prova il costume bianco nella sua camera, scende la scalinata con uno stupefacente effetto scenico e viene bloccata da Maxim sulle note del primo "reprise" di Rebecca. Confido che un cd completo (e perché no, anche un dvd, considerato che lo show è destinato comunque a chiudere prima del 2008) sia realizzato quanto prima.
Insomma, ammiro sempre di più questi austriaci. E spero prima o dopo di poterli rivedere, e risentire, anche in Italia.
Ed ora, godetevi gli 8 minuti di questo promo realizzato dalla ORF...
07 dicembre 2006
Sweet Charity
Sabato sera ho rivisto volentieri Sweet Charity, la produzione della Compagnia della Rancia che ha ripreso da Trieste, al "Rossetti", la sua tournee nazionale (tra l'altro molto breve, toccherà solamente Milano e Roma).
Dunque, che dire: uno spettacolo gradevole, dove si sorride spesso, con una coppia di protagonisti come Lorella Cuccarini e Cesare Bocci che sembrano tagliati apposta per il ruolo. Lei è appunto la "dolce Charity", entreneuse dall'innamoramento facile sempre a caccia dell'uomo sbagliato; lui è Oscar, imbranato assicuratore che dopo alcuni tentennamenti si rivelerà la metà giusta per la protagonista.
Le musiche di Cy Coleman si lasciano ascoltare, ma cadono presto nel dimenticatoio; e quello che dovrebbe essere lo "showstopper", il numero Big Spender - con tutte le ballerine del "Fandango", il locale notturno dove lavora Charity - in realtà non "showstoppizza" granché.
Ma la forza di questo spettacolo sta forse nell'insieme: interpreti simpatici, situazioni da teatro comico, un lieto fine forse un po' troppo stiracchiato ma che comunque c'è, e in atmosfera natalizia sta sempre bene; e alcune trovate sceniche (il balletto con le cuffie al club "Pompei", la moltiplicazione in video di Charity a casa di Vidal - un Gianni Nazzaro in gran spolvero -, tutta la divertente scena in ascensore) sono di bell'effetto. Del balletto a Central Park, sulle parole dell'incomprensibile Daddy - Ray Garcia, si poteva fare a meno; e forse dalle coreografie di Luca Tommassini ci si poteva aspettare qualcosina in più.
Comunque, fino al 10 dicembre i fan di Lorella Cuccarini, che rimane sempre una vera forza della natura, potranno ammirarla nel capoluogo giuliano in tutta la sua simpatia e bravura; e le signore potranno rifarsi gli occhi con il bello e simpatico Cesare Bocci. Il resto è scintillante, sfarzoso, gradevole contorno.
Dunque, che dire: uno spettacolo gradevole, dove si sorride spesso, con una coppia di protagonisti come Lorella Cuccarini e Cesare Bocci che sembrano tagliati apposta per il ruolo. Lei è appunto la "dolce Charity", entreneuse dall'innamoramento facile sempre a caccia dell'uomo sbagliato; lui è Oscar, imbranato assicuratore che dopo alcuni tentennamenti si rivelerà la metà giusta per la protagonista.
Le musiche di Cy Coleman si lasciano ascoltare, ma cadono presto nel dimenticatoio; e quello che dovrebbe essere lo "showstopper", il numero Big Spender - con tutte le ballerine del "Fandango", il locale notturno dove lavora Charity - in realtà non "showstoppizza" granché.
Ma la forza di questo spettacolo sta forse nell'insieme: interpreti simpatici, situazioni da teatro comico, un lieto fine forse un po' troppo stiracchiato ma che comunque c'è, e in atmosfera natalizia sta sempre bene; e alcune trovate sceniche (il balletto con le cuffie al club "Pompei", la moltiplicazione in video di Charity a casa di Vidal - un Gianni Nazzaro in gran spolvero -, tutta la divertente scena in ascensore) sono di bell'effetto. Del balletto a Central Park, sulle parole dell'incomprensibile Daddy - Ray Garcia, si poteva fare a meno; e forse dalle coreografie di Luca Tommassini ci si poteva aspettare qualcosina in più.
Comunque, fino al 10 dicembre i fan di Lorella Cuccarini, che rimane sempre una vera forza della natura, potranno ammirarla nel capoluogo giuliano in tutta la sua simpatia e bravura; e le signore potranno rifarsi gli occhi con il bello e simpatico Cesare Bocci. Il resto è scintillante, sfarzoso, gradevole contorno.
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