22 dicembre 2006

Ragtime, razzismo e conflitti sociali tra jazz e swing

Ieri pomeriggio mi sono concesso un bel pomeriggio musical-e con i protagonisti del musical di domani: gli allievi della BSMT di Bologna, che hanno fatto tappa a Trieste con il loro Ragtime.
Ne avevo già sentito parlare molto bene, specialmente dall'Amico del Musical Gabriele Bonsignori (ehm ehm... conflitto di interesse... ^__^), ho fatto i salti mortali tra il pranzo natalizio coi colleghi e il Concertòn in teatro a Monfalcone, per riuscire ad esserci anch'io nella piccola Sala Bartoli del "Rossetti", spazio adattissimo per questa versione completamente acustica del musical.
Mea culpa, non mi piace andare a teatro completamente digiuno di quello che sentirò e vedrò, e questo era uno di quei musical in lista d'attesa - assieme a molti altri - per essere ascoltato, capito, assimilato per tempo; tempo che non basta mai, naturalmente. Ma almeno adesso ho un buon motivo per considerarlo maggiormente.

Che dire, se non bravi! Una quarantina di performer in scena capitanati dalla vulcanica Shawna Farrell, che ha allestito questo grande e convincente affresco corale, portando in scena temi non facili quali l'immigrazione, la povertà, il razzismo, le tante contraddizioni sociali della New York di un secolo fa.
Accompagnati solamente da un pianoforte, un contrabbasso e dalle percussioni, i ragazzi hanno sfoggiato notevoli capacità canore e recitative, dando il meglio negli emozionanti e numerosi momenti corali e spaziando con facilità dal jazz al blues, dallo swing al ragtime, in un caleidoscopio di stili musicali sapientemente mescolati dal compositore Stephan Flaherty.
Senza nulla togliere agli altri, un plauso particolare a Filippo Strocchi nella parte di Coalhouse e a Fabio Vagnarelli in quella del padre.

Bellissimi e molto curati i costumi ("bianco-borghese" per i bianchi - vedi foto -, colori accesi per i personaggi di colore, i colori della terra - nero, marrone, grigio - per gli immigrati), efficaci le ambientazioni ricreate con pochi e versatili elementi scenici, che gli stessi performer componevano e trasformavano in scena.
Il pubblico triestino ha risposto calorosamente (e con una recita aggiunta in corsa per la grande richiesta) a questo che tutto è meno che un semplice "saggio" scolastico; e da lodare all'infinito la coraggiosa scelta della BSMT di proporre un tipo di musical che altrimenti non avrebbe vita facile in Italia. Purtroppo non me lo sono goduto fino alla fine, ho dovuto scappare via (per i motivi di cui all'inizio), a metà del secondo atto - parentesi: però tre ore e passa di spettacolo non sono un po' troppo lunghe per uno spettacolo con fini "didattici"? -; ulteriore buon motivo per recuperare il cd e dedicarci l'attenzione che merita.

12 dicembre 2006

Rebecca, un sogno formato kolossal

Vienna, 9 dicembre 2006 - E finalmente venne il giorno di Rebecca. Ho atteso tanto questa serata, da quando me ne parlò Silvester Levay in persona (che onore!) in quel di Miramare, a Trieste, per la "prima" italiana di Elisabeth. Sarà un musical romantico, pieno di mistero e suspence... mi disse. Si dimenticò un dettaglio: oltre a tutto ciò, Rebecca è un musical GRANDIOSO.
Grande in tutto, a partire dalla "R" fiammante, su sfondo blu oltre mare, proiettata sul sipario del Raimund Theater di Vienna, tra rumori di onde che si infrangono sugli scogli e versi di gabbiani che volano.
Grande nelle scenografie: dopo lampadari che precipitano, elicotteri che atterrano, barricate che si ergono, velieri che affondano, streghe che volano, pensavo che le magie teatrali avessero ancora poco da offrire. Mi sbagliavo. In Rebecca si formano sotto gli occhi i lussuosi ambienti di un hotel a Montecarlo, il salone del castello di Manderley - con una spettacolare scalinata che unisce a vista piani diversi del palco, una baracca in riva all'oceano; e
le numerose e mai invadenti videoproiezioni rendono il musical molto "cinematografico", aggiungendo effetti spettacolari in più.
Grande nella storia: un sapiente intreccio di amore, morte e mistero dosato magistralmente da Daphne Du Maurier nel suo più famoso romanzo (oltre 15 milioni di copie vendute nel mondo dal 1938, anno della pubblicazione), un raffinato thriller psicologico ambientato tra Montecarlo e la Cornovaglia nel 1926 che ha ispirato a Hitchcock il film con Joan Fontaine e Laurence Olivier, al quale Michael Kunze (libretto) e Silvester Levay (musiche) si sono ispirati per il loro musical.
Grande nelle musiche. Levay non raggiunge l'insuperato Elisabeth, ma si inventa una partitura elegante, romantica e decadente, con un prologo (Ich hab getraumt von Manderley / Ho sognato Manderley) e un epilogo che si insinuano subito nella testa, e una serie di songs - tra le quali il main theme dello show, il travolgente Rebecca - che non ti lasciano più.
Grande negli interpreti: i Vereingniten Buhnen Wien hanno coinvolto un cast stellare. Wietske Van Tongeren - già vista come Elisabeth a Miramare - è la dolce, ingenua, sprovveduta "Ich". Come nel romanzo della Du Maurier, è lei l'innominata voce narrante dello show. Senza identità; del resto la protagonista invisibile è Rebecca, la bella, perfetta, inarrivabile prima moglie di Maxim De Winter, che sul palco ha il volto e la voce di Uwe Kroeger. Grande animale da palcoscenico, primadonna del musical tedesco e austriaco, in questo ruolo non si smentisce, calandosi perfettamente nell'angosciato e tormentato ruolo di vedovo con un ingombrante mistero da nascondere. Susan Rigvava-Dumas è la vera, grande, rivelazione dello show. La sua Mrs. Danvers, la governante di Manderley ossessionata dal culto di Rebecca, domina la scena dal primo momento in cui appare. Fredda, glaciale, immensa, con una voce da brivido. Carin Filipcic è l'ingombrante, divertente, dirompente Mrs. Van Hopper, la miliardaria americana alle cui dipendenze, come dama di compagnia, all'inizio dello show troviamo "Ich". E' suo uno degli showstopper del musical, I'm an american woman, in perfetto Broadway-style. Kerstin Ibald è Beatrice, la sorella di Maxim; soprano dolcissimo, con la sua vitalità saprà far trovare ad "Ich" la forza per reagire a Mrs. Danvers e al mistero attorno alla morte di Rebecca con l'altra hit dello spettacolo, Die staerke einer liebenden frau / La forza di una donna innamorata (The power of a woman in love nella versione internazionale di Gloria Gaynor). Norberto Bertassi è lo spaesato Ben, il pescatore ritardato che avrà il suo ruolo nello sbrogliarsi della matassa; Carsten Lepper è Jack Favell, l'irritante cugino-amante di Rebecca pronto al ricatto per guadagnarci qualcosa dalla morte della donna; André Bauer, infine, è il rassicurante Frank Crawley, il contabile di Manderley pronto a difendere Maxim dalle pesanti accuse nei suoi confronti.
La regia di Francesca Zambello ricorda l'opera lirica, con pochi movimenti corali ma studiati nei minimi dettagli - come in Die neue Mrs. De Winter / La nuova Mrs. De Winter, con tutta la servitù di Manderley ad aspettare il padrone con la nuova moglie, o in Der Ball von manderley / Il ballo a Manderley, la grande festa in costume a cui segue I'm an american woman; o in Strandgut / Incagliamento, quando la folla di paesani accorre sulla spiaggia per cercare di disincagliare un veliero, che porterà alla scoperta del relitto con all'interno il corpo di Rebecca - e una abbondanza di asolo e duetti, funzionali agli stupefacenti cambi di scena.
Quasi tre ore di spettacolo con la "S" maiuscola, un autentico piacere per gli occhi e per le orecchie.
E il fatto che fosse tutto in tedesco... bé, io mi ero adeguatamente preparato leggendo il romanzo - che consiglio a tutti i miei quattro lettori - e guardando il film, ma nell'elegante e dettagliato programma di sala c'è la sinossi dello show anche in inglese.
Purtroppo il cd con il cast originale raccoglie soltanto gli highlights dello spettacolo, mancando del tutto i divertenti battibecchi iniziali di Mrs. Van Hopper (ed almeno due sue canzoni), molti momenti parlati con la ripresa dei temi musicali a far da sottofondo e - soprattutto - la prima, folgorante esecuzione di Rebecca e il finale del primo atto, quando "Ich" prova il costume bianco nella sua camera, scende la scalinata con uno stupefacente effetto scenico e viene bloccata da Maxim sulle note del primo "reprise" di Rebecca. Confido che un cd completo (e perché no, anche un dvd, considerato che lo show è destinato comunque a chiudere prima del 2008) sia realizzato quanto prima.
Insomma, ammiro sempre di più questi austriaci. E spero prima o dopo di poterli rivedere, e risentire, anche in Italia.
Ed ora, godetevi gli 8 minuti di questo promo realizzato dalla ORF...

07 dicembre 2006

Sweet Charity

Sabato sera ho rivisto volentieri Sweet Charity, la produzione della Compagnia della Rancia che ha ripreso da Trieste, al "Rossetti", la sua tournee nazionale (tra l'altro molto breve, toccherà solamente Milano e Roma).
Dunque, che dire: uno spettacolo gradevole, dove si sorride spesso, con una coppia di protagonisti come Lorella Cuccarini e Cesare Bocci che sembrano tagliati apposta per il ruolo. Lei è appunto la "dolce Charity", entreneuse dall'innamoramento facile sempre a caccia dell'uomo sbagliato; lui è Oscar, imbranato assicuratore che dopo alcuni tentennamenti si rivelerà la metà giusta per la protagonista.
Le musiche di Cy Coleman si lasciano ascoltare, ma cadono presto nel dimenticatoio; e quello che dovrebbe essere lo "showstopper", il numero Big Spender - con tutte le ballerine del "Fandango", il locale notturno dove lavora Charity - in realtà non "showstoppizza" granché.
Ma la forza di questo spettacolo sta forse nell'insieme: interpreti simpatici, situazioni da teatro comico, un lieto fine forse un po' troppo stiracchiato ma che comunque c'è, e in atmosfera natalizia sta sempre bene; e alcune trovate sceniche (il balletto con le cuffie al club "Pompei", la moltiplicazione in video di Charity a casa di Vidal - un Gianni Nazzaro in gran spolvero -, tutta la divertente scena in ascensore) sono di bell'effetto. Del balletto a Central Park, sulle parole dell'incomprensibile Daddy - Ray Garcia, si poteva fare a meno; e forse dalle coreografie di Luca Tommassini ci si poteva aspettare qualcosina in più.
Comunque, fino al 10 dicembre i fan di Lorella Cuccarini, che rimane sempre una vera forza della natura, potranno ammirarla nel capoluogo giuliano in tutta la sua simpatia e bravura; e le signore potranno rifarsi gli occhi con il bello e simpatico Cesare Bocci. Il resto è scintillante, sfarzoso, gradevole contorno.

26 novembre 2006

Jesus visto da parte nostra...
Parla Raffaele Latagliata, Erode nel musical

Trieste, Politeama Rossetti, 18 novembre 2006 – Fabrizio Angelini non c’è. “E’ occupatissimo a Milano, ha un sacco di cose da fare”, mi dicono dietro le quinte. La già collaudata compagnia di Jesus Christ Superstar viaggia ormai da sola; e così scambio volentieri due parole con Raffaele Latagliata, ragazzone con un sorriso grande così che in scena padroneggia con morbida disinvoltura il personaggio di Erode, e che è anche responsabile artistico del tour.
Per cominciare: mi ricordi i nomi degli interpreti di oggi?
Oggi il ruolo di Jesus era interpretato da Gaetano Caruso, Judas da Emiliano Geppetti e Simone Zelota da Enrico D’Amore. Io invece faccio Erode. A parte i tre ruoli principali - Jesus, Judas e Maria Maddalena - gli altri 6 personaggi (Pilato, Erode, Hannas, Caifa, Pietro e Simone Zelota) allo stesso tempo fanno anche gli apostoli e gli altri ruoli dell’ensemble.
Ma da quanto tempo state lavorando a questo Jesus?
Le prove sono iniziate il 18 settembre al Teatro della Luna di Milano, abbiamo debuttato con la prima preview il 13 ottobre, mentre la prima ufficiale è stata il 18 ottobre. Questa di Trieste è la seconda piazza che tocchiamo, se escludiamo una replica ‘volante’ a Conegliano.
Proprio lo scorso anno con Fabrizio Angelini, a Trieste con il suo Nunsense, parlammo anche di Jesus Christ Superstar e di traduzioni in italiano; e sembrava quasi che Jesus fosse intoccabile, che dovesse rimanere sempre in inglese… Poi cos’è successo?
In realtà la Compagnia della Rancia, due anni fa, ne aveva acquistato i diritti, ma era rimasto una specie di sogno nel cassetto. Poi… un po’ era necessario farlo prima della scadenza dei diritti, e poi soprattutto Franco Travaglio e Michele Renzullo sono riusciti a tradurlo in un modo che ha solleticato la curiosità di Fabrizio Angelini, che l’ha ritenuta talmente valida da decidere di portarlo in scena in italiano.
Una sfida molto difficile, secondo me, considerando che è un musical cult, che ha alle spalle un film cult, che è legato alla contestualizzazione negli anni Settanta, che comunque è uno degli spettacoli maggiormente rappresentato dalle compagnie più piccole, anche amatoriali, e sempre in lingua originale, per cui c’è proprio una schiera di affezionati che continua a seguire quel tipo di suoni, di pronunce… Poi c’erano i dieci anni durante i quali Jesus Christ Superstar è stato proposto in inglese dalla compagnia di Massimo Romeo Piparo, quindi era una sfida molto difficile trasformarlo in uno spettacolo nell’ambito della tipologia della Rancia…
Per questo Fabrizio Angelini ha lavorato molto sulla storia: nel momento in cui è più facile, da spettatore, seguirne il plot, è chiaro che ha contestualizzato tutto nella successione degli eventi, puntando molto, per quanto riguarda il cast, su attori-cantanti. Quello che ha fatto su di noi è stato cercare di fare in modo che nella canzone non ci fosse solo il bel canto, o il canto rockettaro, ma che noi parlassimo e recitassimo attraverso la musica… E tutti gli aspetti che in genere erano ballati e molto macchiettistici, vedi per esempio il numero di Erode, o lo stesso “Superstar”, sempre fatti in stile “musical”, qui in realtà lo sono meno, sono molto più calati nella storia, nell’emozione degli eventi che si succedono.
Quello che spiazza, a prima vista, è soprattutto l’ambientazione: un po’ Lost, un po’ no global, un po’ multinazionale… come è nata questa idea?
Fabrizio ci ha spiegato molto chiaramente la sua idea di regia, ne siamo tutti pregni e consapevoli!... Il punto di partenza è stato quello di decontestualizzare Jesus Christ Superstar da questa ambientazione anni Settanta, molto hippie, ecc… Il punto di partenza è stato semplicemente: “Se oggi Gesù Cristo tornasse tra di noi, da chi andrebbe? Chi sono i poveri di adesso?” Così ha pensato di calarlo nell’ambito di questi emarginati, di questi clandestini, e da lì è partita la trasposizione in chiave moderna, creando come una sorta di Jesus parallelo rispetto a quella che è la storia di Gesù secondo i Vangeli e, naturalmente, secondo quella del musical. Con una critica feroce, in certi momenti, anche della società moderna: quelli che in quel tempo erano i detentori del potere, questa casta di preti e farisei, sono diventati i politici di oggi, gli uomini di potere; Erode è diventato colui che detiene il potere economico, del denaro… Pilato è il potere militare… Non a caso, invece del balletto, i politici si mettono a fare lo step in spiaggia! Come gli yuppies odierni si tengono in forma, vanno in palestra… e sulla spiaggia fanno lo step!... Prendi poi la figura dei giornalisti: se oggi venisse fuori una figura che riesca a diventare leader rispetto ad una massa, a trascinare i popoli come Gesù fece all’epoca, avrebbe sicuramente l’attenzione dei media; ecco che in una serie di momenti dello show abbiamo un richiamo molto diretto alla televisione, a quella che è l’informazione di oggi, al suo aspetto smaccatamente “gossip” e scandalistico.
Qual è stato l’atteggiamento dei tanti ragazzi che hanno sostenuto i provini verso questo inedito allestimento?
All’inizio c’era un po’ di scetticismo. In realtà il provino l’abbiamo fatto comunque in inglese, solo l’ultimissimo callback è stato fatto in italiano. Ed è stata una scelta molto accurata, con una fortissima selezione; e come hai visto oggi, anche quello che è il secondo cast, in realtà non è un “secondo” cast, ma un misto tra tutta una serie di performer che riescono a coprire tutti i ruoli. Questo naturalmente senza nulla togliere a Sibillano e Luttazzi, i titolari dei ruoli principali!
Diciamo che sono stati dei provini molto difficili, al di là dell’alto numero di persone che si è presentato e la complessità delle richieste, perché la partitura musicale è molto impegnativa e le audizioni si sono concentrate anche su improvvisazioni attoriali e su una corografia, richiedendo quindi precise competenze i tutti e tre i settori.
Quindi, anche se poi è uno spettacolo senza un vero e proprio balletto, ci sono dei movimenti coreografici che sono studiati e funzionali per gli attori-cantanti.
E poi il coraggio di non prendere un nome di richiamo nel cast… forse è la prima volta che la Rancia fa questa scelta, no?
Da dopo il primo “Chorus Line” – che tra l’altro è stato il trampolino di lancio per molti dei più apprezzati performer italiani di oggi – e rispetto all’ultima tendenza, è proprio così. E’ un giro di volta importante, anche perché la risposta del pubblico, come hai visto, è molto calorosa.
Ma soprattutto Jesus Christ Superstar è un musical nel quale c’è una storia importante dietro, c’è un risvolto drammatico e un’emozione molto forte… noi piangiamo tanto durante questo spettacolo! E poi c’è l’orchestra dal vivo, questa fantastica band che senza dubbio aiuta in tutti questi aspetti!

Piccoli” performer crescono… ma qual è il vostro sogno nel cassetto? Quali altri spettacoli ci aspettano?
Secondo me questo Jesus può essere il primo passo per l’arrivo in Italia anche di altri spettacoli su questa linea. Purtroppo da noi ancora oggi si considera il musical come quel tipo di spettacolo con il balletto, con una storia un po’ frivola, un po’ “easy”… in realtà è questo ma anche molto altro: e se questa è la risposta, si può sperare di portare titoli come il Fantasma dell’Opera, I Miserabili, Miss Saigon… Aprire, per il pubblico italiano, la concezione di musical come “opera musicale”, come “opera rock”, comunque come uno spettacolo tutto cantato, o quasi, e fortemente interpretato dai performer, fortemente emozionale anche nei suoi aspetti più drammatici. E secondo me questo Jesus è davvero una svolta: sia un punto di arrivo, ma soprattutto un nuovo punto di partenza!
E davvero, caro Raffaele, lo speriamo tutti!

23 novembre 2006

Anche in italiano Jesus Christ è... Superstar

Ed ecco la mia recensione di Jesus Christ Superstar, visto a Trieste sabato scorso, replica pomeridiana...

Un po' spiaggia di Lost, un po' periferia dimenticata, un po' multinazionale, un po' esercito, un po' alta società, un po' no global e un po' mass-media... c'è davvero di che specchiarsi e ritrovarsi, con le nostre contraddizioni, i limiti, le speranze di ogni giorno in questa nuova, emozionante, sinceramente imperdibile versione di Jesus Christ Superstar. Imperdibile per almeno tre ragioni: primo, non ci sono specchietti per le allodole nel cast. Non ci sono starlette televisive, ex veline-letterine, ex qualcosa che tutto fanno meno che le performer come si deve, e per l'Italia è già un successo. Secondo, è tutto in italiano. Ed è un adattamento che lascia sbalorditi per la musicalità e fedeltà al testo originale. Terzo, c'è la band dal vivo. Che, volente o nolente, fa la differenza, eccome se la fa.

Stava tutta qui la grande sfida lanciata e vinta dalla Compagnia della Rancia e da Fabrizio Angelini, che di musical se ne intendono e che hanno messo in piedi una produzione coi fiocchi, con un cast di giovani performer – praticamente sconosciuti, o quasi – che definire eccezionali è riduttivo.

Forse esagero, scrivo magari sull'onda dell'emozione, e sabato pomeriggio di momenti emozionanti ne ho vissuti parecchi; anche perché il mio caro “Rossetti” era stracolmo di ragazzini, studenti di scuole medie ed elementari, che hanno seguito senza fiatare tutto lo show e che alla fine si sono spellati le mani a forza di applaudire, e che si sono sgolati a furia di gridare al cast di tornare in scena per un bis che – ahimé – non è giunto! E se questi piccoli uomini si appassionassero al musical perché ne hanno visto uno così meraviglioso, non è una vittoria e una soddisfazione per tutti noi?

Certo, Jesus Christ Superstar ormai vive di vita propria, capolavoro insuperato di un'epoca che degli hippie, della contestazione, dei falsetti e degli assoli di chitarra rock aveva fatto una bandiera, ma che Fabrizio Angelini ha saputo rinnovare e adattare, col suo score eccezionale e la musica ormai entrata nella memoria collettiva, alla nostra realtà.

Lo show non ha tempi morti, se non qualche incertezza e lieve calo di ritmo in Va tutto bene (Everything's alright), nella scena dell'arresto e nella Canzone di Erode (King Herod's song), molto meno “show-stopper” di quello che ci si potrebbe aspettare; ma sono quisquilie, credo facilmente rimediabili nel prosieguo di questa tournee da tutto esaurito.

Le scene di Gabriele Moreschi, che si risolvono in questa lunga scalinata coperta da cumuli di sabbia e da un paio di colonne romane, in realtà offrono efficaci e inedite soluzioni specialmente quando entrano in scena i sacerdoti (in Jesus deve morire – This Jesus must die, e in Dannato / non vendo il suo sangue – Damned for all time / Blood Money), nella claustrofobica Il tempio (The temple) – con quella rete suburbana che improvvisamente divide la scena – e ne La morte di Giuda (Judas' death), risolta in maniera invero cruenta, in puro stile, passatemi il termine, CSI.

Ottimo il disegno luci di Luca Mameli e Alberto Diliberto, che seguono i protagonisti e ambientano ogni scena con la giusta atmosfera. Efficaci i costumi metropolitani di Pamela De Santi, che assegnano immediatamente ad ogni performer il proprio status e ruolo all'interno dello show.
Impeccabile la direzione musicale di Giovanni Monti, che riveste l'impervia partitura webberiana, alla guida di una scatenata ma precisissima band, delle giuste sonorità rock-sinfoniche, coadiuvato dall'equilibrato disegno fonico di Giuseppe Barresi; finalmente uno show dove si capiscono tutte le liriche, non essendo sovrastate da un'amplificazione musicale spesso sparata a livelli apocalittici.

Standing ovation per tutti i performer: sabato pomeriggio mi sono goduto i cosiddetti “sostituti” nel ruolo di Jesus (Gaetano Caruso invece di Simone Sibillano), Judas (Emiliano Geppetti al posto di Edoardo Luttazzi) e Simone (Enrico D'Amore invece di Emiliano Geppetti). Non saprei perciò paragonarli ai titolari, che interpretavano in ordine sparso gli altri apostoli, ma se questo è il livello, bé... non c'è che dire, solo complimenti.

Emozionante la voce di Maddalena (Valentina Gullace), profondamente cavernosa quella di Caifa (Andrea Croci), tagliente quella di Hannas (Marco Romano), dolente e rassegnata quella di Pilato (Lorenzo Scuda), sbruffona e insolente quella di Erode (Raffaele Latagliata), profonda e sicura quella di Pietro (Luca Notari).

Insomma, se questo è il futuro del musical italiano, possiamo starcene tranquilli. Andate a vedere questo Jesus Christ Superstar, emozionatevi e fatevi rapire da questi giovani che in scena danno il meglio di sé, se non molto di più: se lo meritano davvero.

20 novembre 2006

Dietro le quinte di Jesus in italiano...
parla Franco Travaglio

E così anch'io sabato scorso finalmente ho visto questo SORPRENDENTE Jesus Christ Superstar messo in scena dalla Compagnia della Rancia. Un'autentica sorpresa, un gioiello teatrale di cui vi riparlerò al più presto, assieme ad una bella intervista a Raffaele Latagliata, Erode nello show ma anche responsabile artistico della produzione.
Per ora sentiamo invece Franco Travaglio, autore assieme a Michele Renzullo dell'altro lato quasi miracoloso di questo musical: la traduzione e l'adattamento in italiano. Conosco Franco da qualche anno (da quando ho cominciato a collaborare con il sito di Amici del Musical), e sapendo la quasi "sacralità" con la quale ha affrontato precedenti traduzioni quali Joseph and the amazing technicolor dreamcoat - un piccolo record: la prima versione in italiano di un musical di Lord Lloyd Webber -, la versione concerto di Elisabeth a Trieste, e la discussa versione cinematografica in italiano del Fantasma dell'Opera, con Jesus non poteva andare che bene. Ma cominciamo dall'inizio...
Com'è nata questa tua passione per il musical?
E' stato proprio vedendo Jesus Christ Superstar, messo in scena da una compagnia americana al teatro Colosseo di Torino, il 28 Marzo 1988. Prima i musical non mi interessavano molto, forse perché li associavo ai film musicali, in Italia completamente rovinati dalla scelta imperante di doppiare solo i dialoghi. Quando ho scoperto i tanti capolavori di Lloyd Webber e degli altri autori degli anni '80, mi si è aperto un mondo: un teatro musicale moderno e coinvolgente, con musiche meravigliose, interpreti incredibili e storie appassionanti. All'epoca però in Italia il musical non esisteva, non c'era nemmeno internet quindi ogni nuovo disco di musical era una vera e propria rarità, da ascoltare con un rispetto quasi sacro. Quando poi sono riuscito ad andare a Londra a vedere i primi veri musical, la passione è esplosa in maniera ancora più violenta, e si è trasformata in voglia di lavorare in questo ambito per contribuire a portare il musical di qualità anche in Italia. Così ho iniziato a tradurre i primi musical, quasi per gioco. Quando le mie traduzioni sono andate in scena a livello professionale è stato un traguardo incredibile e una soddisfazione difficile da esprimere.
Come sei arrivato a tradurre e adattare il "musical dei musical"?
Non avevo mai affrontato la traduzione di quest'opera, perché la ritenevo troppo difficile. Quando Michele Renzullo mi ha proposto di farlo è stato uno dei momenti più belli della mia vita, in cui però la gioia si è abbinata a grande preoccupazione e senso di responsabilità. La versione originale, a differenza di tutti i musical da me tradotti precedentemente, è conosciutissima qui in Italia e le liriche di Tim Rice sono un vero capolavoro, esprimono contenuti rivoluzionari e teatralmente geniali, con delle sonorità meravigliose apparentemente imprescindibili da uno degli score più clamorosi della storia del teatro musicale di tutti i tempi.
Un'impresa titanica quella di tentare di rendere in una lingua così differente da quella inglese come quella italiana, le medesime tematiche, senza tradire lo spirito e la musicalità. Per questo siamo così soddisfatti dell'accoglienza che la nostra opera ha ricevuto, anche presso fan sfegatati venuti in teatro molto prevenuti. Il complimento migliore l'abbiamo ricevuto dal giornale cattolico "L'Avvenire", secondo cui la nostra traduzione "convince per aderenza al testo inglese, immediatezza e musicalità". Proprio quello che ci siamo prefissi!
Da appassionato di musical, cos'hai provato?
E' stato un lavoro molto interessante, creativo nonostante le tante limitazioni. Ci sono stati momenti di difficoltà, in cui certi passaggi sembravano proprio impossibili da tradurre, poi improvvisamente l'illuminazione arrivava nei momenti più impensati. Altri brani invece venivano alla luce in maniera molto naturale, e quando li ascolti sembra quasi che siano nati così. Per fortuna abbiamo avuto molto tempo, quindi l'ispirazione ha avuto modo di esprimersi con i suoi ritmi, che non sono mai immediati. Persino durante le anteprime a Milano e le prime repliche abbiamo avuto nuove idee che hanno migliorato il prodotto finale.
Da che punto siete partiti per l'adattamento? Che criteri avete seguito?
Ognuno di noi (Michele Renzullo ed io) ha fatto una versione completa, seguendo l'ordine cronologico delle scene. Poi abbiamo confrontato le due versioni, approvando quelle che convincevano appieno entrambi e cercando soluzioni alternative ai passaggi che non piacevano all'uno o all'altro. Conclusa così una prima stesura (da cui abbiamo estrapolato due canzoni, che abbiamo inviato a Tim Rice per un primo controllo) l'abbiamo fatta leggere al regista Fabrizio Angelini, al maestro Giovanni Monti e ad altri collaboratori. Seguendo le indicazioni e le richieste di modifica di questi ultimi, abbiamo scritto una seconda stesura che abbiamo inviato a Tim Rice, il quale l'ha approvata in pieno. Su questa versione si sono effettuate altre piccole modifiche durante le prove, soprattutto per venire incontro aesigenze canore degli interpreti.
Quali sono stati i passaggi più difficili? Quali quelli che gioco forza più si discostano dall'originale e quali secondo te "calzano a pennello"?
Sono molto soddisfatto del risultato, anche se ovviamente una traduzione in metrica è sempre un compromesso tra significato, metrica, cantabilità ed efficacia teatrale. Ci sono passaggi in cui tutto quadra perfettamente, ad esempio "Follia e Realtà" (Heaven On Their Minds), che mi piace molto, oppure "Non so chiamarlo amore" (I Don't Know How To Love Him) che a mio parere esprime perfettamente il concetto originale, senza tradire la musicalità di una delle arie più famose della storia del musical. Altri, come certi passaggi del "Processo" di Pilato, erano più difficili perché in poche sillabe dovevamo inserire frasi complesse spesso citate fedelmente dai vangeli, quindi impossibili da rendere con sinonimi, parafrasi e parole diverse da quelle originali. Per questo in alcuni versi il linguaggio può risultare meno immediato. Tutto sommato però la nostra traduzione non si discosta quasi mai dall'originale, al massimo si può dire che certi concetti vengono leggermente semplificati.
In confronto alle precedenti esperienze (Joseph, Phantom, Elisabeth...) cos'hai imparato da JCS?
Che non bisogna mai accontentarsi della prima idea che ti viene in mente, neanche di quella che ti sembra perfetta: ci sono sempre alternative migliori, quindi vale la pena insistere, riscrivere, confrontarsi. Inoltre ho imparato che è molto importante essere disponibili a cambiare certi passaggi, se possono agevolare il difficile compito degli interpreti.
Cosa risponderete alle inevitabili critiche?
Non penso sia utile rispondere alle critiche: se le critiche sono competenti e costruttive, bisogna farne tesoro per le prossime esperienze, se sono gratuite o sono frutto di ignoranza o pregiudizi, lasciano il tempo che trovano, quindi la cosa migliore è ignorarle.
Ci sono altri progetti in cantiere?
Sì, tutti Top secret...!!
...e aggiungi pure quello che vuoi!
Volevo cogliere l'occasione per ringraziare tutti gli spettatori che ci hanno trasmesso il loro entusiasmo riguardo questo spettacolo, ma anche coloro che con le loro giuste osservazioni, anche critiche, ci hanno offerto spunti di riflessione. Se il musical in Italia sta crescendo sempre più è anche grazie a loro!

18 novembre 2006

Rebecca su youtube

C'è, c'è! Il "making of" di Rebecca è disponibile su youtube in tre parti!
Cliccate qui per la prima parte (e trovate da voi la 2^ e la 3^) e buona visione! Naturalmente è tutto in tedesco, ma il senso e la spettacolarità di questo musical è tutta lì!

07 novembre 2006

Futuro prossimo

Lo so, lo so, questo è il musical-blog più trascurato di tutti i tempi, ma che ci volete fare, a giugno divento papà, sono sempre in trasferta e nei pochi momenti liberi cerco notizie per la newsletter di Amici del Musical, guardo in anteprima la seconda serie di "Lost", o mi rilasso facendo una passeggiata con mia moglie o gustandoci in tv le nostre serie preferite: "NCIS" e "Criminal Minds", perciò... abbiate pazienza!

Comunque, il futuro prossimo mi riserva tre imperdibili appuntamenti con il grande musical, ed altrettante splendide opportunità di conoscere di persona dei veri eccezionali performer.

Dunque: il 16 novembre arriva a Trieste, al "Rossetti", the greatest story ever told, il musical per antonomasia: Jesus Christ Superstar, nella nuova versione della Compagnia della Rancia firmata da Fabrizio Angelini completamente tradotta e adattata in italiano da Franco Travaglio e Michele Renzullo.

Spero due cose: 1) Considerato che il 16 e 17 novembre sarò in trasferta in quel di Siena e Orvieto, confido che l'ufficio stampa mi riservi due posti in una qualsiasi delle repliche di sabato e domenica, così potrò vedere anch'io lo spettacolo - del resto adesso è troppo tardi per comprare due biglietti! - e 2) Reincontrare Fabrizio Angelini, che avevo già intervistato per il divertentissimo Nunsense, e chiedergli perché mai si è buttato in questa avventura italiota quando proprio in quella occasione mi aveva raccontato che per lui JCS era intoccabile e non lo vedeva proprio allestito nella lingua nazionale! Vabbè, scherzo (ma no, questa domanda gliela faccio, eccome)... Comunque a leggere le opinioni e le critiche dello show, è uno spettacolo davvero fatto bene con delle liriche italiane che calzano a pennello; del resto, di Franco c'era assolutamente da fidarsi. Ah sì, 2bis) Anche Franco mi ha promesso un'intervista via email, proprio sugli aspetti "tecnici" dell'adattamento. Aspetto notizie, o magari di vederlo a Trieste o Torino (trasferta il 24 novembre!)

Proseguiamo: comincio a non stare nella pelle, perché si avvicina il 9 dicembre quando, sfruttando il bel ponte dell'Immacolata, con Paola e suoceri andrò a Vienna tre giorni a farmi una scorpacciata di atmosfera natalizia e soprattutto a vedere Rebecca, il nuovo capolavoro di Michael Kunze & Silvester Levay, gli autori - per i pochi che non lo sapessero - di quel gioiello musical-e che è Elisabeth.

Rebecca ha debuttato un mese e mezzo fa al Raimund Theater ed è già un hit clamoroso: e non poteva essere altrimenti, a giudicare dalla spettacolare preview che si può vedere su youtube e dalle recensioni entusiastiche della stampa e degli spettatori. Questa estate ho letto il romanzo di Daphne Du Murier dal quale è tratto (assieme alla versione cinematografica di Alfred Hitchcock con Joan Fontaine e Laurence Olivier), già immaginandomi come poteva essere tradotto sulle scene... e un po' ci ho azzeccato!
La curiosità più grande è veder finalmente in scena Uwe Kroeger - nel ruolo di Max De Winter - sperando che proprio quella sera non sia sostituito; non da meno sentire il main theme cantato da Susan Rigvava Dumas - la tenebrosa Mrs. Danvers - e abbandonarmi nel fasto dell'allestimento scenico. Wietske Van Tongeren - la voce narrante e seconda sfortunata moglie di Max - l'ho già sentita in Elisabeth a Miramare, ed era stata sovrastata dall'interpretazione di Maya Hakvoort. Vedremo nel ruolo di "Ich" che farà.

Aspetto con ansia che mi arrivi il CD con il cast viennese per prepararmi bene all'appuntamento.

Rebecca sarà preceduto di una settimana da Sweet Charity, sempre al "Rossetti", sempre della Compagnia della Rancia, con Lorella Cuccarini.

Lorella per me rimane un mito televisivo, la trovo simpatica e spigliata oltreché bravissima: l'ho già vista in questo ruolo a Milano, mi sono divertito un sacco - nonostante gli Amici del Musical avessero espresso molte perplessità e critiche negative - e credo che mi divertirò di nuovo. E poi magari riuscirò a intervistare la star!

A presto!

12 settembre 2006

Benritrovati

Ehilà, non sono sparito... Presto mi farò vivo con tutto quello che riesco a sapere sulla stagione in partenza. Perdonatemi, ma il SANA mi ha assorbito!...

28 luglio 2006

Buone ferie

Ai miei quattro lettori... auguro buone ferie!
Purtroppo ora sto combattendo contro un colpo di calore che mi ha portato febbre a 38°... e non mi permette di vedere "Una notte al Sistina" e il "Musical Gala" al festivale dell'operetta di Trieste, sob.
Ma volente o nolente, domenica si parte per la maremma toscana, fino al 20 agosto!
Buone vacanze
Francesco

15 luglio 2006

Alessandro Safina: "Mi piacerebbe fare il Phantom"

Trieste, 13 luglio 2006

L'hanno soprannominato il “George Clooney” della lirica, ma a parte i capelli brizzolati, del blasonato divo d'oltreoceano il nostro toscanissimo Alessandro Safina non ha nient'altro. A Trieste, per la sua quarta operetta (è in scena al Teatro Verdi fino al 18 luglio con La contessa Mariza), mi aspetta fuori dall'entrata degli artisti per la nostra intervista, con una sigaretta in mano (“Lo so, lo so, fa male...” si difende subito, sorridendo) e mi conduce nel suo camerino, da dove si gode di una impareggiabile vista sul molo Audace, le rive, il golfo di Trieste, il castello di Miramare. “Bello, no? Devo dire che l'architetto ha fatto un lavoro meraviglioso costruendo il teatro proprio qui!”

Dal suo debutto nel 1990 nella “Boheme” di Puccini, al fianco di Katia Ricciarelli, Alessandro Safina ha costruito una lunga carriera che l'ha portato ad essere conosciuto e amato soprattutto all'estero, mentre il grande pubblico italiano lo conosce per la sua partecipazione al Festival di Sanremo del 2002 con “Del perduto amore”, una canzone che ha il fascino un po' retrò delle romanze di Tosti, e con la recente partecipazione al reality “Music farm”.

Ma di questo nell'intervista non ne parliamo, e in fondo in fondo poco ci importa. Siamo a teatro, parliamo di teatro musicale, in tutte le sue forme.

Partiamo proprio dalla Contessa Mariza, quindi... Cosa racconteresti di questa operetta e del personaggio che interpreti a chi non la conosce?

Ma sai, anch'io l'ho vista e sentita solamente venti giorni fa, perché fino all'ultimo non si sapeva se si fosse fatta o meno, sai i soliti problemi dei finanziamenti... L'ho sentita e studiata in fretta e furia, ma musicalmente è bellissima! Assolutamente una delle più belle. Il ruolo che faccio io, il conte Tassilo, è molto impegnativo e pesante, come quello di Giuseppina Piunti nel ruolo del titolo... E' un gran bello spettacolo, e complimenti al teatro Verdi che è riuscito ad allestire il Festival anche se in forma ridotta... purtroppo manca dello sfarzo scenografico necessario per abbellire un'operetta, però lo spettacolo c'è, c'è una bella orchestra, insomma la qualità è garantita. Ci sono dei momenti divertenti alternati a momenti musicali molto intensi... C'è molta nostalgia, anche, dopotutto è un lavoro degli anni Venti, in pieno liberty, e si sente, come del resto un velo di malinconia è presente in tutte le operette di Kalman.

E questa non è la prima operetta che interpreti qui a Trieste... Ti ricordo in una splendida “Sissi”, per esempio...

Già, e ne è passato di tempo! Cos'era, il 1996 o 1997? La prima fu “Fanny Essler”, nel '94, poi per due anni interpretai Franz Joseph appunto in “Sissi”, di Fritz Kleiser... Era bella, eh? Era un vero e proprio kolossal!

Tra l'altro in “Sissi” recitavi a fianco di una delle primedonne dell'operetta, Daniela Mazzuccato...

Sì, è vero, l'ho sentita proprio pochi minuti fa al telefono, siamo rimasti in ottimi rapporti. Ho avuto la fortuna di lavorare con lei e con Max Renè Cosotti, suo marito, proprio alla seconda operetta che ho fatto, e spero se non altro di aver imparato qualcosa lavorando al fianco di due artisti di grande qualità!

Tu nasci però come cantante lirico...

Ma guarda, se confrontiamo l'opera con questa operetta, è la stessa cosa... Ci sono operette molto poco impegnative, dal punto di vista vocale; “Sissi” per esempio era mediamente impegnativa, almeno per me; qui si canta davvero tanto, e l'impostazione lirica è sempre la stessa.

E come attività “collaterale”, questa tua commistione tra lirica e pop: serve ad avvicinare un pubblico nuovo alla lirica?

Avvicinare un pubblico nuovo sarebbe davvero importante... Comunque, per me la musica pop e quant'altro di leggero ho fatto nella mia carriera, l'ho fatto sempre un po' per caso... però devo dire che facendo cose leggere, lontane dal teatro, un luogo che forse i giovani vedono come una cosa un po' lontana, o desueta, magari un po' serve... Anche fare un Sanremo, dove molti ragazzi vedono un cantante lirico che è una persona come loro, che non ha un'immagine così lontana o “divistica”, forse serve... E io penso di avere portato a teatro qualcuno di loro, sicuramente. Ma per portarvi i giovani in massa ci vorrebbe una politica che parta da Roma, una politica che guardi alla cultura, che inizi dalla scuola e che segua dei determinati valori... Sarebbe un investimento per il futuro, per una formazione culturale di una gioventù che tra qualche anno sarà anche classe dirigente dello Stato.

Finita l'operetta, ti aspetta un concerto con Amii Stewart dedicato al musical...

Amii l'ho conosciuta proprio grazie alla musica pop tanti anni fa a Parigi, ha cominciato con la musica da discoteca, ha fatto anche teatro, è proprio una grande artista. A Padova facciamo due serate attraversando diversi generi musicali, da Cole Porter, a Gershwin, a Webber, poi qualche canzone napoletana, e qualcosina di pop... una serata alla quale spero vengano molti giovani, perché lei è davvero brava, e io... bè, mi arrangerò come al solito, cercherò di dare il meglio!

Ma ti piacerebbe interpretare un musical? Ti è mai stato proposto qualcosa in merito?

Sì, mi è stato proposto qualcosa: la “Tosca”, quella di Dalla, ma non ero così propenso... loro volevano un cantante lirico, io non vedevo molto il nesso... Poi avemmo qualche diverbio, e non ne feci niente. Sicuramente nel musical ci sono dei ruoli adatti a me, ma non mi è mai stato proposto di più. Ne ho visto alcuni, perché li ha fatti mia moglie, che è molto brava (sorride... la moglie è Lorenza Mario, ndr): alcuni fa ha fatto “Chicago”, uno spettacolo eccezionale, una grande idea.

Peccato però che non abbia avuto il successo che meritava...

Ma sai, son quelle cose un po' strane... Perché lo spettacolo era davvero di eccezionale qualità; a parte mia moglie, che è bravissima, c'era Maria Laura Baccarini, brava quanto lei; c'era Barbareschi che se l'è cavata egregiamente, il corpo di ballo di una bravura spaventosa, l'orchestra in scena... Un gran bello spettacolo, davvero... Ma poi vedi, ti arriva un “Notre Dame de Paris”, che ha un mega successo, e allora tutti vogliono fare i soldi che ha fatto Cocciante, e allora tutti a sfornare musical... E ne ho visti di alcuni che facevano abbastanza pena... Ma non tanto per gli interpreti, perché in Italia ci son dei ragazzi davvero bravi; è proprio l'operazione in sé che non funziona, non puoi improvvisarti in questo campo. E naturalmente la qualità ne risente... Ma non ti ho detto di quando ho conosciuto Webber!

Hai conosciuto Webber? Allora questa devi proprio raccontarcela...

Sono stato ospite di un grande varietà che fanno a Londra da 100 anni, il “Royal Variety Show”, al quale partecipano ogni anno decine di artisti inglesi: quell'anno c'erano Cher, Craig David, Jennifer Lopez... la star della serata era Elton John. Lo spettacolo era fatto a blocchi, e ce n'era uno dedicato ai musical di Webber. Io avevo inciso da poco una versione di “The Music of the Night”, la cantai quella sera e poi fummo tutti ricevuti nella sua “modesta” casetta... un castello! Poi abbiamo cantato anche a casa sua, è stata una serata molto bella. Webber è davvero una persona molto particolare, un grande artista!

Magari saresti perfetto per il ruolo del Phantom...

Ecco, quello mi piacerebbe! Vocalmente è giusto, forse un po' bassetto per me, ma si potrebbe provare...

Dopo l'operetta cosa ti aspetta?

Finita “Mariza”, ho questi due concerti con Amii, poi finisco la lavorazione di un nuovo album di cover che sto facendo in Germania.

Lavori molto di più all'estero che in Italia, mi sembra...

E che devo fa'?... (sorride) Anche qui a Trieste, quanti anni è che non venivo?... L'ultima volta era con la “Vedova Allegra”, con Gino Landi, anche quello gran bello spettacolo, sfarzoso...

Ora mi sa che devo lasciarti, in bocca al lupo!

Crepi!... Come vedi qualcosa si fa... E un caro saluto agli amici del sito, vi verrò a trovare e curiosare un po'... A proposito, che c'è di interessante quest'anno, di musical?

La nostra piacevolissima conversazione prosegue ancora per un po', mi improvviso Cicerone virtuale della prossima stagione. E per chi volesse seguire gli impegni di Alessandro Safina: www.alessandrosafina.info

Francesco Moretti

14 luglio 2006

Tanto musical nel 36° Festival Internazionale dell'Operetta di Trieste

Trieste, 13 luglio 2006

Alla fine ce l'hanno fatta, e ne è venuto fuori un Festival Internazionale dell'operetta in formato austerity, ma senza dubbio pieno di proposte interessanti e di grande qualità, e molte delle quali riguardano proprio il musical. Non ci sono le grandi “anteprime” a cui eravamo abituati gli anni scorsi, ma una serie di concerti orchestrali e non che spaziano in un vasto repertorio nel teatro musicale italiano e internazionale.

Ma andiamo con ordine. E' ancora in scena, e ci resterà fino al 18 luglio, l'appuntamento principale di questo cartellone, “La contessa Mariza” di Emmerich Kàlmàn, regia di Enrico De Feo. Che la dice lunga sull'aria che si respira in questo festival: tanta qualità, poca quantità: e meglio così. Il cast messo in piedi in poche settimane ce la mette tutta per concentrare l'attenzione sulle arie, i duetti, la trama, forse per mascherare un allestimento scenico ridotto all'osso, ma in ogni caso garbatamente evocativo e sottolineato da un disegno luci di grande effetto.

Alessandro Safina e Giuseppina Piunti, i due protagonisti principali (Alessandro è il Conte Tassilo, ridotto al lastrico e costretto a riciclarsi come fattore nelle proprietà della Contessa Mariza, bella, capricciosa e con un finto fidanzamento da festeggiare per allontanare decine di pedanti pretendenti) reggono le sorti di questo lavoro – intriso di malinconia nei valzer e nelle csardas, ma scoppiettante nei fox trot e nei momenti sincopati tipici degli ani Venti – con grande partecipazione e impegno, accanto ad un cast che vede svettare Gennaro Canavacciuolo (il barone Zsupan), mattatore della serata con i suoi duetti in costume da bagno e fila di salsicce accanto a Paola Cigna (la contessina Lisa).

Gli altri non sono da meno: Riccardo Peroni, strabordante Principe Populescu; Gianfranco Saletta, svampito maggiordomo; Maria Giovanna Michelini, la misteriosa zingara Manja che profetizzerà l'amore tra Mariza e Tassilo; e Ariella Reggio, impagabile e irresistibile Principessa di Kuddenstein, vero e proprio “deus ex machina” della vicenda.

In grande evidenza il coro diretto da Lorenzo Fratini, il corpo di ballo e i piacevoli costumi che evocano con grande efficacia il cinema hollywoodiano degli anni venti e trenta. Sul podio il maestro Alfred Eschwe dirige l'orchestra del teatro in grande spolvero.

Dicevamo che il Festival propone ancora parecchi appuntamenti che riguardano il mondo del musical.

Il 20 luglio “Una finestra sul luna park” partirà dal Verdi – e poi una piccola tournee regionale – per proporre con Daniela Mazzucato, Massimiliano Tonsini, Andrea Binetti e Krisztina Nemeth accompagnati dall'orchestra e dal coro del teatro, un piacevole excursus nei brani tratti da operette e musical ambientati proprio in luna park.

Con “Una notte al Sistina” (Ridotto del teatro Verdi, 28 luglio), Antonello Angiolillo e Sabrina Marciano, due voci e un pianoforte, renderanno omaggio a Pietro Garinei – a poche settimane dalla sua scomparsa – e alla commedia musicale italiana, con brani di Kramer, Trovajoli, Ferrio, Serio.

Il giorno successivo, ancora al Ridotto, Davide Calabrese, Alberta Izzo e il gruppo musicale diretto da Corrado Gulin saranno i protagonisti del “Musical Galà – Da Petrolini a Webber”.

Un grande omaggio al genio di George Gershwin, con l'orchestra e il coro del teatro e i solisti Massimiliano Tonsini e Massimiliano Gagliardo, si terrà il 5 agosto al Verdi nel concerto “Dal Mississippi a Broadway”, con le suite da Porgy and Bess, Un americano a Parigi, Cuban Ouverture.

Info e biglietti: www.teatroverdi-trieste.com

Francesco Moretti