27 aprile 2012

Elisabeth, la vita è tua

Elisabeth è tornata, e vorremmo che non se ne andasse mai. Quando Annemieke Van Dam, emozionatissima, intona le prime parole di Ich gehoer nur mir, il brano più famoso dello spettacolo, in italiano (La vita è mia), tutto il teatro trattiene il fiato: l'emozione è palpabile, i tormenti, la bramosia, la voglia di vivere di Elisabeth prendono corpo e voce sul palco triestino come non mai. Solo due strofe, poi la ripresa è in tedesco, ma basta per fermare lo show per un paio di minuti, tanti e straripanti sono gli applausi del numerosissimo pubblico accorso alla prima nazionale di questo musical dei record. Lucheni aspetta compiaciuto e divertito i cenni del direttore d'orchestra, - che per due volte alza e riabbassa la bacchetta, sopraffatto dall'entusiasmo degli spettatori - prima di continuare.
Sta tutta qui la potenza di Elisabeth, di questo show nato vent'anni fa nella capitale austriaca per celebrare in modo non convenzionale la vita dell'imperatrice e moglie di Francesco Giuseppe: un punto di vista inedito, quello dell'anarchico Lucheni, appunto, che ne racconta l'ascesa e gli scontri quotidiani con la vita di corte, con la suocera Sofia, con il protocollo, con tutto ciò che imprigionava la sua incontenibile voglia di libertà, di infinito, di sapere. E con questo suo personale rapporto con la Morte, qui nei panni di un bellissimo uomo, un po' principe delle tenebre, un po' angelo consolatore, che con freddo distacco l'attenderà fino al fatale appuntamento sul lago a Ginevra.
Elisabeth è uno di quei musical che non ti stanchi mai di vedere e riascoltare. Anche se l'allestimento visto ieri sera al Politeama Rossetti è quello pensato per il tour tedesco del ventennale, quindi senza le vertiginose pedane inclinabili e rotanti del Theater An der Wien (la "casa" originale dello show a Vienna), la magia della sapiente miscela musicale tra pop, classico e rock sgorgata dalla penna di Silvester Levay riesce ogni volta ad affascinare e stupire con i suoi leit motiv che si rincorrono da una scena all'altra, suggerendo emozioni, stati d'animo e regalando al pubblico travolgenti show-stopper (uno per tutti il potente Milch: secondo me dura anche troppo poco).
La scenografia, aiutata da grandi videoproiezioni, sottolinea con efficacia ambienti e situazioni; su tutto incombe sempre la grande lama di coltello che sale e scende, passerella di contatto tra mondo dei vivi e mondo dei morti; e se a Vienna ad un certo punto scendeva sul palco un'enorme scacchiera o una rutilante giostra-vetrina con le prostitute del bordello di Frau Wolf, in questo allestimento non si rinuncia comunque ai tavolini da caffè rotanti e alla spassosa scena con i cortigiani a cavallo comandati da Sofia.
I performer, dicevamo. Lo confesso, nelle orecchie e negli occhi le due Elisabeth storiche Maya Hakvoort e Pia Douwes, partivo molto prevenuto nei riguardi di Annemieke Van Dam, nonostante i suoi ormai cinque anni nei panni della principessa. Mi sono ricreduto: dall'esuberanza e freschezza giovanile, alla presa di coscienza del suo destino imprigionato, alla decadenza anche fisica, Annemieke si è impadronita del difficilissimo personaggio e lo ha fatto suo, donandole voce e potenza espressiva considerevoli (ma la regalità di Maya era tutt'altra cosa, va detto).
Mark Seibert, con la sua cascata di riccioli d'oro e di muscoli, fa subito colpo sul pubblico femminile in sala (uno per tutte, il commento della mia attempata vicina di posto: "Bravo e bel. Proprio bravo e bel."); ma nei panni di Der Tod ci si poteva aspettare qualcosa in più; lontano dal carisma magnetico di Thomas Borchert (visto nelle repliche al Castello di Miramare nel 2004) e dall'irrefrenabile inquietudine virile di un Maté Kamaras, Seibert si limita ad un'algida compostezza.
Come al solito, il Franz Joseph di Christian Muller non si discosta molto dal cliché di imperatore-burattino nelle mani della madre e di una burocrazia opprimente, mentre Oliver Arno è davvero convincente nei panni di Rudolf adulto. Kurosch Abbasi, ottimo Lucheni, sempre in bilico tra ironia e follia, tiene le fila dello show tra un'imprecazione e l'altra, chissà perché pronunciate benissimo in italiano. Rudolf bambino, invece, con un'azzeccata trovata del Rossetti, è interpretato a ruota da cinque bambini triestini reclutati con un vero casting locale: ieri era il turno di Gabriele Pacini, ed una delle tante emozioni della serata è stata anche il brano Mamma mi senti?, nella bella traduzione di Franco Travaglio (curatore assieme a Valeria Rosso dei sopratitoli in italiano, entrambi presenti alla serata), che Rudolf canta in duetto con Der Tod.
Musical impegnativo, intriso di decadenza e morte, distante anni luce dall'immagine stereotipata della Sissi cinematografica che tutti conosciamo, forse più vicino a un grandioso melodramma romantico, perfetto nei fastosi costumi imperiali e nel tratteggiare un impero morente.
Elisabeth rimane a Trieste fino al 6 maggio. Dal 5 settembre tornerà, dopo otto anni, a Vienna, al Raimund Theater.

info: www.ilrossetti.it



Leggi l'anteprima di Elisabeth sulla webzine di Amici del Musical!

2 commenti:

Mina ha detto...

E così ce l'hai fatta ad andare a corte... :-) Mi fa piacere per te, dev'essere stata un'esperienza davvero intensa ed emozionante. Anch'io ricordo con piacere la Elisabeth di Annemieke van Dam, mentre il resto del cast che vidi a Berlino era molto diverso, e non conosco a sufficienza gli attori in scena adesso. Comunque per recuperare mi sono ordinata da soundofmusic il cd con il cast attuale.. :-)

PS: ma davvero tu dici che la piattaforma che scende dall'alto rappresenta una lama di coltello?? Non ci sarei mai arrivata...

Francesco Moretti ha detto...

Anche a me fa gola il cd col cast attuale... in effetti, a parte il dvd ufficiale, possiedo solo il doppio cd live del 1994, quello di Essen, quello highlights del 2005 e il concerto del decennale. Mi manca il doppio cd live del 2005.
La lama di coltello? Ho avuto un'illuminazione. Che altro potrebbe essere? L'ho letta da qualche parte, in verità, ma adesso non chiedermi dove...