Trieste, Politeama Rossetti, 18 novembre 2006 – Fabrizio Angelini non c’è. “E’ occupatissimo a Milano, ha un sacco di cose da fare”, mi dicono dietro le quinte. La già collaudata compagnia di Jesus Christ Superstar viaggia ormai da sola; e così scambio volentieri due parole con Raffaele Latagliata, ragazzone con un sorriso grande così che in scena padroneggia con morbida disinvoltura il personaggio di Erode, e che è anche responsabile artistico del tour.
Per cominciare: mi ricordi i nomi degli interpreti di oggi?
Oggi il ruolo di Jesus era interpretato da Gaetano Caruso, Judas da Emiliano Geppetti e Simone Zelota da Enrico D’Amore. Io invece faccio Erode. A parte i tre ruoli principali - Jesus, Judas e Maria Maddalena - gli altri 6 personaggi (Pilato, Erode, Hannas, Caifa, Pietro e Simone Zelota) allo stesso tempo fanno anche gli apostoli e gli altri ruoli dell’ensemble.
Ma da quanto tempo state lavorando a questo Jesus?
Le prove sono iniziate il 18 settembre al Teatro della Luna di Milano, abbiamo debuttato con la prima preview il 13 ottobre, mentre la prima ufficiale è stata il 18 ottobre. Questa di Trieste è la seconda piazza che tocchiamo, se escludiamo una replica ‘volante’ a Conegliano.
Proprio lo scorso anno con Fabrizio Angelini, a Trieste con il suo Nunsense, parlammo anche di Jesus Christ Superstar e di traduzioni in italiano; e sembrava quasi che Jesus fosse intoccabile, che dovesse rimanere sempre in inglese… Poi cos’è successo?
In realtà la Compagnia della Rancia, due anni fa, ne aveva acquistato i diritti, ma era rimasto una specie di sogno nel cassetto. Poi… un po’ era necessario farlo prima della scadenza dei diritti, e poi soprattutto Franco Travaglio e Michele Renzullo sono riusciti a tradurlo in un modo che ha solleticato la curiosità di Fabrizio Angelini, che l’ha ritenuta talmente valida da decidere di portarlo in scena in italiano.
Una sfida molto difficile, secondo me, considerando che è un musical cult, che ha alle spalle un film cult, che è legato alla contestualizzazione negli anni Settanta, che comunque è uno degli spettacoli maggiormente rappresentato dalle compagnie più piccole, anche amatoriali, e sempre in lingua originale, per cui c’è proprio una schiera di affezionati che continua a seguire quel tipo di suoni, di pronunce… Poi c’erano i dieci anni durante i quali Jesus Christ Superstar è stato proposto in inglese dalla compagnia di Massimo Romeo Piparo, quindi era una sfida molto difficile trasformarlo in uno spettacolo nell’ambito della tipologia della Rancia…
Per questo Fabrizio Angelini ha lavorato molto sulla storia: nel momento in cui è più facile, da spettatore, seguirne il plot, è chiaro che ha contestualizzato tutto nella successione degli eventi, puntando molto, per quanto riguarda il cast, su attori-cantanti. Quello che ha fatto su di noi è stato cercare di fare in modo che nella canzone non ci fosse solo il bel canto, o il canto rockettaro, ma che noi parlassimo e recitassimo attraverso la musica… E tutti gli aspetti che in genere erano ballati e molto macchiettistici, vedi per esempio il numero di Erode, o lo stesso “Superstar”, sempre fatti in stile “musical”, qui in realtà lo sono meno, sono molto più calati nella storia, nell’emozione degli eventi che si succedono.
Quello che spiazza, a prima vista, è soprattutto l’ambientazione: un po’ Lost, un po’ no global, un po’ multinazionale… come è nata questa idea?
Fabrizio ci ha spiegato molto chiaramente la sua idea di regia, ne siamo tutti pregni e consapevoli!... Il punto di partenza è stato quello di decontestualizzare Jesus Christ Superstar da questa ambientazione anni Settanta, molto hippie, ecc… Il punto di partenza è stato semplicemente: “Se oggi Gesù Cristo tornasse tra di noi, da chi andrebbe? Chi sono i poveri di adesso?” Così ha pensato di calarlo nell’ambito di questi emarginati, di questi clandestini, e da lì è partita la trasposizione in chiave moderna, creando come una sorta di Jesus parallelo rispetto a quella che è la storia di Gesù secondo i Vangeli e, naturalmente, secondo quella del musical. Con una critica feroce, in certi momenti, anche della società moderna: quelli che in quel tempo erano i detentori del potere, questa casta di preti e farisei, sono diventati i politici di oggi, gli uomini di potere; Erode è diventato colui che detiene il potere economico, del denaro… Pilato è il potere militare… Non a caso, invece del balletto, i politici si mettono a fare lo step in spiaggia! Come gli yuppies odierni si tengono in forma, vanno in palestra… e sulla spiaggia fanno lo step!... Prendi poi la figura dei giornalisti: se oggi venisse fuori una figura che riesca a diventare leader rispetto ad una massa, a trascinare i popoli come Gesù fece all’epoca, avrebbe sicuramente l’attenzione dei media; ecco che in una serie di momenti dello show abbiamo un richiamo molto diretto alla televisione, a quella che è l’informazione di oggi, al suo aspetto smaccatamente “gossip” e scandalistico.
Qual è stato l’atteggiamento dei tanti ragazzi che hanno sostenuto i provini verso questo inedito allestimento?
All’inizio c’era un po’ di scetticismo. In realtà il provino l’abbiamo fatto comunque in inglese, solo l’ultimissimo callback è stato fatto in italiano. Ed è stata una scelta molto accurata, con una fortissima selezione; e come hai visto oggi, anche quello che è il secondo cast, in realtà non è un “secondo” cast, ma un misto tra tutta una serie di performer che riescono a coprire tutti i ruoli. Questo naturalmente senza nulla togliere a Sibillano e Luttazzi, i titolari dei ruoli principali!
Diciamo che sono stati dei provini molto difficili, al di là dell’alto numero di persone che si è presentato e la complessità delle richieste, perché la partitura musicale è molto impegnativa e le audizioni si sono concentrate anche su improvvisazioni attoriali e su una corografia, richiedendo quindi precise competenze i tutti e tre i settori.
Quindi, anche se poi è uno spettacolo senza un vero e proprio balletto, ci sono dei movimenti coreografici che sono studiati e funzionali per gli attori-cantanti.
E poi il coraggio di non prendere un nome di richiamo nel cast… forse è la prima volta che la Rancia fa questa scelta, no?
Da dopo il primo “Chorus Line” – che tra l’altro è stato il trampolino di lancio per molti dei più apprezzati performer italiani di oggi – e rispetto all’ultima tendenza, è proprio così. E’ un giro di volta importante, anche perché la risposta del pubblico, come hai visto, è molto calorosa.
Ma soprattutto Jesus Christ Superstar è un musical nel quale c’è una storia importante dietro, c’è un risvolto drammatico e un’emozione molto forte… noi piangiamo tanto durante questo spettacolo! E poi c’è l’orchestra dal vivo, questa fantastica band che senza dubbio aiuta in tutti questi aspetti!
“Piccoli” performer crescono… ma qual è il vostro sogno nel cassetto? Quali altri spettacoli ci aspettano?
Secondo me questo Jesus può essere il primo passo per l’arrivo in Italia anche di altri spettacoli su questa linea. Purtroppo da noi ancora oggi si considera il musical come quel tipo di spettacolo con il balletto, con una storia un po’ frivola, un po’ “easy”… in realtà è questo ma anche molto altro: e se questa è la risposta, si può sperare di portare titoli come il Fantasma dell’Opera, I Miserabili, Miss Saigon… Aprire, per il pubblico italiano, la concezione di musical come “opera musicale”, come “opera rock”, comunque come uno spettacolo tutto cantato, o quasi, e fortemente interpretato dai performer, fortemente emozionale anche nei suoi aspetti più drammatici. E secondo me questo Jesus è davvero una svolta: sia un punto di arrivo, ma soprattutto un nuovo punto di partenza!
E davvero, caro Raffaele, lo speriamo tutti!
26 novembre 2006
Jesus visto da parte nostra...
Parla Raffaele Latagliata, Erode nel musical
23 novembre 2006
Anche in italiano Jesus Christ è... Superstar
Ed ecco la mia recensione di Jesus Christ Superstar, visto a Trieste sabato scorso, replica pomeridiana...
Un po' spiaggia di Lost, un po' periferia dimenticata, un po' multinazionale, un po' esercito, un po' alta società, un po' no global e un po' mass-media... c'è davvero di che specchiarsi e ritrovarsi, con le nostre contraddizioni, i limiti, le speranze di ogni giorno in questa nuova, emozionante, sinceramente imperdibile versione di Jesus Christ Superstar. Imperdibile per almeno tre ragioni: primo, non ci sono specchietti per le allodole nel cast. Non ci sono starlette televisive, ex veline-letterine, ex qualcosa che tutto fanno meno che le performer come si deve, e per l'Italia è già un successo. Secondo, è tutto in italiano. Ed è un adattamento che lascia sbalorditi per la musicalità e fedeltà al testo originale. Terzo, c'è la band dal vivo. Che, volente o nolente, fa la differenza, eccome se la fa.
Stava tutta qui la grande sfida lanciata e vinta dalla Compagnia della Rancia e da Fabrizio Angelini, che di musical se ne intendono e che hanno messo in piedi una produzione coi fiocchi, con un cast di giovani performer – praticamente sconosciuti, o quasi – che definire eccezionali è riduttivo.
Forse esagero, scrivo magari sull'onda dell'emozione, e sabato pomeriggio di momenti emozionanti ne ho vissuti parecchi; anche perché il mio caro “Rossetti” era stracolmo di ragazzini, studenti di scuole medie ed elementari, che hanno seguito senza fiatare tutto lo show e che alla fine si sono spellati le mani a forza di applaudire, e che si sono sgolati a furia di gridare al cast di tornare in scena per un bis che – ahimé – non è giunto! E se questi piccoli uomini si appassionassero al musical perché ne hanno visto uno così meraviglioso, non è una vittoria e una soddisfazione per tutti noi?
Certo, Jesus Christ Superstar ormai vive di vita propria, capolavoro insuperato di un'epoca che degli hippie, della contestazione, dei falsetti e degli assoli di chitarra rock aveva fatto una bandiera, ma che Fabrizio Angelini ha saputo rinnovare e adattare, col suo score eccezionale e la musica ormai entrata nella memoria collettiva, alla nostra realtà.
Lo show non ha tempi morti, se non qualche incertezza e lieve calo di ritmo in Va tutto bene (Everything's alright), nella scena dell'arresto e nella Canzone di Erode (King Herod's song), molto meno “show-stopper” di quello che ci si potrebbe aspettare; ma sono quisquilie, credo facilmente rimediabili nel prosieguo di questa tournee da tutto esaurito.
Le scene di Gabriele Moreschi, che si risolvono in questa lunga scalinata coperta da cumuli di sabbia e da un paio di colonne romane, in realtà offrono efficaci e inedite soluzioni specialmente quando entrano in scena i sacerdoti (in Jesus deve morire – This Jesus must die, e in Dannato / non vendo il suo sangue – Damned for all time / Blood Money), nella claustrofobica Il tempio (The temple) – con quella rete suburbana che improvvisamente divide la scena – e ne La morte di Giuda (Judas' death), risolta in maniera invero cruenta, in puro stile, passatemi il termine, CSI.
Un po' spiaggia di Lost, un po' periferia dimenticata, un po' multinazionale, un po' esercito, un po' alta società, un po' no global e un po' mass-media... c'è davvero di che specchiarsi e ritrovarsi, con le nostre contraddizioni, i limiti, le speranze di ogni giorno in questa nuova, emozionante, sinceramente imperdibile versione di Jesus Christ Superstar. Imperdibile per almeno tre ragioni: primo, non ci sono specchietti per le allodole nel cast. Non ci sono starlette televisive, ex veline-letterine, ex qualcosa che tutto fanno meno che le performer come si deve, e per l'Italia è già un successo. Secondo, è tutto in italiano. Ed è un adattamento che lascia sbalorditi per la musicalità e fedeltà al testo originale. Terzo, c'è la band dal vivo. Che, volente o nolente, fa la differenza, eccome se la fa.
Stava tutta qui la grande sfida lanciata e vinta dalla Compagnia della Rancia e da Fabrizio Angelini, che di musical se ne intendono e che hanno messo in piedi una produzione coi fiocchi, con un cast di giovani performer – praticamente sconosciuti, o quasi – che definire eccezionali è riduttivo.
Forse esagero, scrivo magari sull'onda dell'emozione, e sabato pomeriggio di momenti emozionanti ne ho vissuti parecchi; anche perché il mio caro “Rossetti” era stracolmo di ragazzini, studenti di scuole medie ed elementari, che hanno seguito senza fiatare tutto lo show e che alla fine si sono spellati le mani a forza di applaudire, e che si sono sgolati a furia di gridare al cast di tornare in scena per un bis che – ahimé – non è giunto! E se questi piccoli uomini si appassionassero al musical perché ne hanno visto uno così meraviglioso, non è una vittoria e una soddisfazione per tutti noi?
Certo, Jesus Christ Superstar ormai vive di vita propria, capolavoro insuperato di un'epoca che degli hippie, della contestazione, dei falsetti e degli assoli di chitarra rock aveva fatto una bandiera, ma che Fabrizio Angelini ha saputo rinnovare e adattare, col suo score eccezionale e la musica ormai entrata nella memoria collettiva, alla nostra realtà.
Lo show non ha tempi morti, se non qualche incertezza e lieve calo di ritmo in Va tutto bene (Everything's alright), nella scena dell'arresto e nella Canzone di Erode (King Herod's song), molto meno “show-stopper” di quello che ci si potrebbe aspettare; ma sono quisquilie, credo facilmente rimediabili nel prosieguo di questa tournee da tutto esaurito.
Le scene di Gabriele Moreschi, che si risolvono in questa lunga scalinata coperta da cumuli di sabbia e da un paio di colonne romane, in realtà offrono efficaci e inedite soluzioni specialmente quando entrano in scena i sacerdoti (in Jesus deve morire – This Jesus must die, e in Dannato / non vendo il suo sangue – Damned for all time / Blood Money), nella claustrofobica Il tempio (The temple) – con quella rete suburbana che improvvisamente divide la scena – e ne La morte di Giuda (Judas' death), risolta in maniera invero cruenta, in puro stile, passatemi il termine, CSI.
Ottimo il disegno luci di Luca Mameli e Alberto Diliberto, che seguono i protagonisti e ambientano ogni scena con la giusta atmosfera. Efficaci i costumi metropolitani di Pamela De Santi, che assegnano immediatamente ad ogni performer il proprio status e ruolo all'interno dello show.
Impeccabile la direzione musicale di Giovanni Monti, che riveste l'impervia partitura webberiana, alla guida di una scatenata ma precisissima band, delle giuste sonorità rock-sinfoniche, coadiuvato dall'equilibrato disegno fonico di Giuseppe Barresi; finalmente uno show dove si capiscono tutte le liriche, non essendo sovrastate da un'amplificazione musicale spesso sparata a livelli apocalittici.
Standing ovation per tutti i performer: sabato pomeriggio mi sono goduto i cosiddetti “sostituti” nel ruolo di Jesus (Gaetano Caruso invece di Simone Sibillano), Judas (Emiliano Geppetti al posto di Edoardo Luttazzi) e Simone (Enrico D'Amore invece di Emiliano Geppetti). Non saprei perciò paragonarli ai titolari, che interpretavano in ordine sparso gli altri apostoli, ma se questo è il livello, bé... non c'è che dire, solo complimenti.
Emozionante la voce di Maddalena (Valentina Gullace), profondamente cavernosa quella di Caifa (Andrea Croci), tagliente quella di Hannas (Marco Romano), dolente e rassegnata quella di Pilato (Lorenzo Scuda), sbruffona e insolente quella di Erode (Raffaele Latagliata), profonda e sicura quella di Pietro (Luca Notari).
Insomma, se questo è il futuro del musical italiano, possiamo starcene tranquilli. Andate a vedere questo Jesus Christ Superstar, emozionatevi e fatevi rapire da questi giovani che in scena danno il meglio di sé, se non molto di più: se lo meritano davvero.
Impeccabile la direzione musicale di Giovanni Monti, che riveste l'impervia partitura webberiana, alla guida di una scatenata ma precisissima band, delle giuste sonorità rock-sinfoniche, coadiuvato dall'equilibrato disegno fonico di Giuseppe Barresi; finalmente uno show dove si capiscono tutte le liriche, non essendo sovrastate da un'amplificazione musicale spesso sparata a livelli apocalittici.
Standing ovation per tutti i performer: sabato pomeriggio mi sono goduto i cosiddetti “sostituti” nel ruolo di Jesus (Gaetano Caruso invece di Simone Sibillano), Judas (Emiliano Geppetti al posto di Edoardo Luttazzi) e Simone (Enrico D'Amore invece di Emiliano Geppetti). Non saprei perciò paragonarli ai titolari, che interpretavano in ordine sparso gli altri apostoli, ma se questo è il livello, bé... non c'è che dire, solo complimenti.
Emozionante la voce di Maddalena (Valentina Gullace), profondamente cavernosa quella di Caifa (Andrea Croci), tagliente quella di Hannas (Marco Romano), dolente e rassegnata quella di Pilato (Lorenzo Scuda), sbruffona e insolente quella di Erode (Raffaele Latagliata), profonda e sicura quella di Pietro (Luca Notari).
Insomma, se questo è il futuro del musical italiano, possiamo starcene tranquilli. Andate a vedere questo Jesus Christ Superstar, emozionatevi e fatevi rapire da questi giovani che in scena danno il meglio di sé, se non molto di più: se lo meritano davvero.
20 novembre 2006
Dietro le quinte di Jesus in italiano...
parla Franco Travaglio
E così anch'io sabato scorso finalmente ho visto questo SORPRENDENTE Jesus Christ Superstar messo in scena dalla Compagnia della Rancia. Un'autentica sorpresa, un gioiello teatrale di cui vi riparlerò al più presto, assieme ad una bella intervista a Raffaele Latagliata, Erode nello show ma anche responsabile artistico della produzione.
Per ora sentiamo invece Franco Travaglio, autore assieme a Michele Renzullo dell'altro lato quasi miracoloso di questo musical: la traduzione e l'adattamento in italiano. Conosco Franco da qualche anno (da quando ho cominciato a collaborare con il sito di Amici del Musical), e sapendo la quasi "sacralità" con la quale ha affrontato precedenti traduzioni quali Joseph and the amazing technicolor dreamcoat - un piccolo record: la prima versione in italiano di un musical di Lord Lloyd Webber -, la versione concerto di Elisabeth a Trieste, e la discussa versione cinematografica in italiano del Fantasma dell'Opera, con Jesus non poteva andare che bene. Ma cominciamo dall'inizio...
Com'è nata questa tua passione per il musical?
E' stato proprio vedendo Jesus Christ Superstar, messo in scena da una compagnia americana al teatro Colosseo di Torino, il 28 Marzo 1988. Prima i musical non mi interessavano molto, forse perché li associavo ai film musicali, in Italia completamente rovinati dalla scelta imperante di doppiare solo i dialoghi. Quando ho scoperto i tanti capolavori di Lloyd Webber e degli altri autori degli anni '80, mi si è aperto un mondo: un teatro musicale moderno e coinvolgente, con musiche meravigliose, interpreti incredibili e storie appassionanti. All'epoca però in Italia il musical non esisteva, non c'era nemmeno internet quindi ogni nuovo disco di musical era una vera e propria rarità, da ascoltare con un rispetto quasi sacro. Quando poi sono riuscito ad andare a Londra a vedere i primi veri musical, la passione è esplosa in maniera ancora più violenta, e si è trasformata in voglia di lavorare in questo ambito per contribuire a portare il musical di qualità anche in Italia. Così ho iniziato a tradurre i primi musical, quasi per gioco. Quando le mie traduzioni sono andate in scena a livello professionale è stato un traguardo incredibile e una soddisfazione difficile da esprimere.
Come sei arrivato a tradurre e adattare il "musical dei musical"?
Non avevo mai affrontato la traduzione di quest'opera, perché la ritenevo troppo difficile. Quando Michele Renzullo mi ha proposto di farlo è stato uno dei momenti più belli della mia vita, in cui però la gioia si è abbinata a grande preoccupazione e senso di responsabilità. La versione originale, a differenza di tutti i musical da me tradotti precedentemente, è conosciutissima qui in Italia e le liriche di Tim Rice sono un vero capolavoro, esprimono contenuti rivoluzionari e teatralmente geniali, con delle sonorità meravigliose apparentemente imprescindibili da uno degli score più clamorosi della storia del teatro musicale di tutti i tempi.
Un'impresa titanica quella di tentare di rendere in una lingua così differente da quella inglese come quella italiana, le medesime tematiche, senza tradire lo spirito e la musicalità. Per questo siamo così soddisfatti dell'accoglienza che la nostra opera ha ricevuto, anche presso fan sfegatati venuti in teatro molto prevenuti. Il complimento migliore l'abbiamo ricevuto dal giornale cattolico "L'Avvenire", secondo cui la nostra traduzione "convince per aderenza al testo inglese, immediatezza e musicalità". Proprio quello che ci siamo prefissi!
Da appassionato di musical, cos'hai provato?
E' stato un lavoro molto interessante, creativo nonostante le tante limitazioni. Ci sono stati momenti di difficoltà, in cui certi passaggi sembravano proprio impossibili da tradurre, poi improvvisamente l'illuminazione arrivava nei momenti più impensati. Altri brani invece venivano alla luce in maniera molto naturale, e quando li ascolti sembra quasi che siano nati così. Per fortuna abbiamo avuto molto tempo, quindi l'ispirazione ha avuto modo di esprimersi con i suoi ritmi, che non sono mai immediati. Persino durante le anteprime a Milano e le prime repliche abbiamo avuto nuove idee che hanno migliorato il prodotto finale.
Da che punto siete partiti per l'adattamento? Che criteri avete seguito?
Ognuno di noi (Michele Renzullo ed io) ha fatto una versione completa, seguendo l'ordine cronologico delle scene. Poi abbiamo confrontato le due versioni, approvando quelle che convincevano appieno entrambi e cercando soluzioni alternative ai passaggi che non piacevano all'uno o all'altro. Conclusa così una prima stesura (da cui abbiamo estrapolato due canzoni, che abbiamo inviato a Tim Rice per un primo controllo) l'abbiamo fatta leggere al regista Fabrizio Angelini, al maestro Giovanni Monti e ad altri collaboratori. Seguendo le indicazioni e le richieste di modifica di questi ultimi, abbiamo scritto una seconda stesura che abbiamo inviato a Tim Rice, il quale l'ha approvata in pieno. Su questa versione si sono effettuate altre piccole modifiche durante le prove, soprattutto per venire incontro aesigenze canore degli interpreti.
Quali sono stati i passaggi più difficili? Quali quelli che gioco forza più si discostano dall'originale e quali secondo te "calzano a pennello"?
Sono molto soddisfatto del risultato, anche se ovviamente una traduzione in metrica è sempre un compromesso tra significato, metrica, cantabilità ed efficacia teatrale. Ci sono passaggi in cui tutto quadra perfettamente, ad esempio "Follia e Realtà" (Heaven On Their Minds), che mi piace molto, oppure "Non so chiamarlo amore" (I Don't Know How To Love Him) che a mio parere esprime perfettamente il concetto originale, senza tradire la musicalità di una delle arie più famose della storia del musical. Altri, come certi passaggi del "Processo" di Pilato, erano più difficili perché in poche sillabe dovevamo inserire frasi complesse spesso citate fedelmente dai vangeli, quindi impossibili da rendere con sinonimi, parafrasi e parole diverse da quelle originali. Per questo in alcuni versi il linguaggio può risultare meno immediato. Tutto sommato però la nostra traduzione non si discosta quasi mai dall'originale, al massimo si può dire che certi concetti vengono leggermente semplificati.
In confronto alle precedenti esperienze (Joseph, Phantom, Elisabeth...) cos'hai imparato da JCS?
Che non bisogna mai accontentarsi della prima idea che ti viene in mente, neanche di quella che ti sembra perfetta: ci sono sempre alternative migliori, quindi vale la pena insistere, riscrivere, confrontarsi. Inoltre ho imparato che è molto importante essere disponibili a cambiare certi passaggi, se possono agevolare il difficile compito degli interpreti.
Cosa risponderete alle inevitabili critiche?
Non penso sia utile rispondere alle critiche: se le critiche sono competenti e costruttive, bisogna farne tesoro per le prossime esperienze, se sono gratuite o sono frutto di ignoranza o pregiudizi, lasciano il tempo che trovano, quindi la cosa migliore è ignorarle.
Ci sono altri progetti in cantiere?
Sì, tutti Top secret...!!
...e aggiungi pure quello che vuoi!
Volevo cogliere l'occasione per ringraziare tutti gli spettatori che ci hanno trasmesso il loro entusiasmo riguardo questo spettacolo, ma anche coloro che con le loro giuste osservazioni, anche critiche, ci hanno offerto spunti di riflessione. Se il musical in Italia sta crescendo sempre più è anche grazie a loro!
Per ora sentiamo invece Franco Travaglio, autore assieme a Michele Renzullo dell'altro lato quasi miracoloso di questo musical: la traduzione e l'adattamento in italiano. Conosco Franco da qualche anno (da quando ho cominciato a collaborare con il sito di Amici del Musical), e sapendo la quasi "sacralità" con la quale ha affrontato precedenti traduzioni quali Joseph and the amazing technicolor dreamcoat - un piccolo record: la prima versione in italiano di un musical di Lord Lloyd Webber -, la versione concerto di Elisabeth a Trieste, e la discussa versione cinematografica in italiano del Fantasma dell'Opera, con Jesus non poteva andare che bene. Ma cominciamo dall'inizio...
Com'è nata questa tua passione per il musical?
E' stato proprio vedendo Jesus Christ Superstar, messo in scena da una compagnia americana al teatro Colosseo di Torino, il 28 Marzo 1988. Prima i musical non mi interessavano molto, forse perché li associavo ai film musicali, in Italia completamente rovinati dalla scelta imperante di doppiare solo i dialoghi. Quando ho scoperto i tanti capolavori di Lloyd Webber e degli altri autori degli anni '80, mi si è aperto un mondo: un teatro musicale moderno e coinvolgente, con musiche meravigliose, interpreti incredibili e storie appassionanti. All'epoca però in Italia il musical non esisteva, non c'era nemmeno internet quindi ogni nuovo disco di musical era una vera e propria rarità, da ascoltare con un rispetto quasi sacro. Quando poi sono riuscito ad andare a Londra a vedere i primi veri musical, la passione è esplosa in maniera ancora più violenta, e si è trasformata in voglia di lavorare in questo ambito per contribuire a portare il musical di qualità anche in Italia. Così ho iniziato a tradurre i primi musical, quasi per gioco. Quando le mie traduzioni sono andate in scena a livello professionale è stato un traguardo incredibile e una soddisfazione difficile da esprimere.
Come sei arrivato a tradurre e adattare il "musical dei musical"?
Non avevo mai affrontato la traduzione di quest'opera, perché la ritenevo troppo difficile. Quando Michele Renzullo mi ha proposto di farlo è stato uno dei momenti più belli della mia vita, in cui però la gioia si è abbinata a grande preoccupazione e senso di responsabilità. La versione originale, a differenza di tutti i musical da me tradotti precedentemente, è conosciutissima qui in Italia e le liriche di Tim Rice sono un vero capolavoro, esprimono contenuti rivoluzionari e teatralmente geniali, con delle sonorità meravigliose apparentemente imprescindibili da uno degli score più clamorosi della storia del teatro musicale di tutti i tempi.
Un'impresa titanica quella di tentare di rendere in una lingua così differente da quella inglese come quella italiana, le medesime tematiche, senza tradire lo spirito e la musicalità. Per questo siamo così soddisfatti dell'accoglienza che la nostra opera ha ricevuto, anche presso fan sfegatati venuti in teatro molto prevenuti. Il complimento migliore l'abbiamo ricevuto dal giornale cattolico "L'Avvenire", secondo cui la nostra traduzione "convince per aderenza al testo inglese, immediatezza e musicalità". Proprio quello che ci siamo prefissi!
Da appassionato di musical, cos'hai provato?
E' stato un lavoro molto interessante, creativo nonostante le tante limitazioni. Ci sono stati momenti di difficoltà, in cui certi passaggi sembravano proprio impossibili da tradurre, poi improvvisamente l'illuminazione arrivava nei momenti più impensati. Altri brani invece venivano alla luce in maniera molto naturale, e quando li ascolti sembra quasi che siano nati così. Per fortuna abbiamo avuto molto tempo, quindi l'ispirazione ha avuto modo di esprimersi con i suoi ritmi, che non sono mai immediati. Persino durante le anteprime a Milano e le prime repliche abbiamo avuto nuove idee che hanno migliorato il prodotto finale.
Da che punto siete partiti per l'adattamento? Che criteri avete seguito?
Ognuno di noi (Michele Renzullo ed io) ha fatto una versione completa, seguendo l'ordine cronologico delle scene. Poi abbiamo confrontato le due versioni, approvando quelle che convincevano appieno entrambi e cercando soluzioni alternative ai passaggi che non piacevano all'uno o all'altro. Conclusa così una prima stesura (da cui abbiamo estrapolato due canzoni, che abbiamo inviato a Tim Rice per un primo controllo) l'abbiamo fatta leggere al regista Fabrizio Angelini, al maestro Giovanni Monti e ad altri collaboratori. Seguendo le indicazioni e le richieste di modifica di questi ultimi, abbiamo scritto una seconda stesura che abbiamo inviato a Tim Rice, il quale l'ha approvata in pieno. Su questa versione si sono effettuate altre piccole modifiche durante le prove, soprattutto per venire incontro aesigenze canore degli interpreti.
Quali sono stati i passaggi più difficili? Quali quelli che gioco forza più si discostano dall'originale e quali secondo te "calzano a pennello"?
Sono molto soddisfatto del risultato, anche se ovviamente una traduzione in metrica è sempre un compromesso tra significato, metrica, cantabilità ed efficacia teatrale. Ci sono passaggi in cui tutto quadra perfettamente, ad esempio "Follia e Realtà" (Heaven On Their Minds), che mi piace molto, oppure "Non so chiamarlo amore" (I Don't Know How To Love Him) che a mio parere esprime perfettamente il concetto originale, senza tradire la musicalità di una delle arie più famose della storia del musical. Altri, come certi passaggi del "Processo" di Pilato, erano più difficili perché in poche sillabe dovevamo inserire frasi complesse spesso citate fedelmente dai vangeli, quindi impossibili da rendere con sinonimi, parafrasi e parole diverse da quelle originali. Per questo in alcuni versi il linguaggio può risultare meno immediato. Tutto sommato però la nostra traduzione non si discosta quasi mai dall'originale, al massimo si può dire che certi concetti vengono leggermente semplificati.
In confronto alle precedenti esperienze (Joseph, Phantom, Elisabeth...) cos'hai imparato da JCS?
Che non bisogna mai accontentarsi della prima idea che ti viene in mente, neanche di quella che ti sembra perfetta: ci sono sempre alternative migliori, quindi vale la pena insistere, riscrivere, confrontarsi. Inoltre ho imparato che è molto importante essere disponibili a cambiare certi passaggi, se possono agevolare il difficile compito degli interpreti.
Cosa risponderete alle inevitabili critiche?
Non penso sia utile rispondere alle critiche: se le critiche sono competenti e costruttive, bisogna farne tesoro per le prossime esperienze, se sono gratuite o sono frutto di ignoranza o pregiudizi, lasciano il tempo che trovano, quindi la cosa migliore è ignorarle.
Ci sono altri progetti in cantiere?
Sì, tutti Top secret...!!
...e aggiungi pure quello che vuoi!
Volevo cogliere l'occasione per ringraziare tutti gli spettatori che ci hanno trasmesso il loro entusiasmo riguardo questo spettacolo, ma anche coloro che con le loro giuste osservazioni, anche critiche, ci hanno offerto spunti di riflessione. Se il musical in Italia sta crescendo sempre più è anche grazie a loro!
18 novembre 2006
Rebecca su youtube
C'è, c'è! Il "making of" di Rebecca è disponibile su youtube in tre parti!
Cliccate qui per la prima parte (e trovate da voi la 2^ e la 3^) e buona visione! Naturalmente è tutto in tedesco, ma il senso e la spettacolarità di questo musical è tutta lì!
Cliccate qui per la prima parte (e trovate da voi la 2^ e la 3^) e buona visione! Naturalmente è tutto in tedesco, ma il senso e la spettacolarità di questo musical è tutta lì!
07 novembre 2006
Futuro prossimo
Lo so, lo so, questo è il musical-blog più trascurato di tutti i tempi, ma che ci volete fare, a giugno divento papà, sono sempre in trasferta e nei pochi momenti liberi cerco notizie per la newsletter di Amici del Musical, guardo in anteprima la seconda serie di "Lost", o mi rilasso facendo una passeggiata con mia moglie o gustandoci in tv le nostre serie preferite: "NCIS" e "Criminal Minds", perciò... abbiate pazienza!
Comunque, il futuro prossimo mi riserva tre imperdibili appuntamenti con il grande musical, ed altrettante splendide opportunità di conoscere di persona dei veri eccezionali performer.
Dunque: il 16 novembre arriva a Trieste, al "Rossetti", the greatest story ever told, il musical per antonomasia: Jesus Christ Superstar, nella nuova versione della Compagnia della Rancia firmata da Fabrizio Angelini completamente tradotta e adattata in italiano da Franco Travaglio e Michele Renzullo.
Spero due cose: 1) Considerato che il 16 e 17 novembre sarò in trasferta in quel di Siena e Orvieto, confido che l'ufficio stampa mi riservi due posti in una qualsiasi delle repliche di sabato e domenica, così potrò vedere anch'io lo spettacolo - del resto adesso è troppo tardi per comprare due biglietti! - e 2) Reincontrare Fabrizio Angelini, che avevo già intervistato per il divertentissimo Nunsense, e chiedergli perché mai si è buttato in questa avventura italiota quando proprio in quella occasione mi aveva raccontato che per lui JCS era intoccabile e non lo vedeva proprio allestito nella lingua nazionale! Vabbè, scherzo (ma no, questa domanda gliela faccio, eccome)... Comunque a leggere le opinioni e le critiche dello show, è uno spettacolo davvero fatto bene con delle liriche italiane che calzano a pennello; del resto, di Franco c'era assolutamente da fidarsi. Ah sì, 2bis) Anche Franco mi ha promesso un'intervista via email, proprio sugli aspetti "tecnici" dell'adattamento. Aspetto notizie, o magari di vederlo a Trieste o Torino (trasferta il 24 novembre!)
Proseguiamo: comincio a non stare nella pelle, perché si avvicina il 9 dicembre quando, sfruttando il bel ponte dell'Immacolata, con Paola e suoceri andrò a Vienna tre giorni a farmi una scorpacciata di atmosfera natalizia e soprattutto a vedere Rebecca, il nuovo capolavoro di Michael Kunze & Silvester Levay, gli autori - per i pochi che non lo sapessero - di quel gioiello musical-e che è Elisabeth.
Rebecca ha debuttato un mese e mezzo fa al Raimund Theater ed è già un hit clamoroso: e non poteva essere altrimenti, a giudicare dalla spettacolare preview che si può vedere su youtube e dalle recensioni entusiastiche della stampa e degli spettatori. Questa estate ho letto il romanzo di Daphne Du Murier dal quale è tratto (assieme alla versione cinematografica di Alfred Hitchcock con Joan Fontaine e Laurence Olivier), già immaginandomi come poteva essere tradotto sulle scene... e un po' ci ho azzeccato!
La curiosità più grande è veder finalmente in scena Uwe Kroeger - nel ruolo di Max De Winter - sperando che proprio quella sera non sia sostituito; non da meno sentire il main theme cantato da Susan Rigvava Dumas - la tenebrosa Mrs. Danvers - e abbandonarmi nel fasto dell'allestimento scenico. Wietske Van Tongeren - la voce narrante e seconda sfortunata moglie di Max - l'ho già sentita in Elisabeth a Miramare, ed era stata sovrastata dall'interpretazione di Maya Hakvoort. Vedremo nel ruolo di "Ich" che farà.
Aspetto con ansia che mi arrivi il CD con il cast viennese per prepararmi bene all'appuntamento.
Rebecca sarà preceduto di una settimana da Sweet Charity, sempre al "Rossetti", sempre della Compagnia della Rancia, con Lorella Cuccarini.
Lorella per me rimane un mito televisivo, la trovo simpatica e spigliata oltreché bravissima: l'ho già vista in questo ruolo a Milano, mi sono divertito un sacco - nonostante gli Amici del Musical avessero espresso molte perplessità e critiche negative - e credo che mi divertirò di nuovo. E poi magari riuscirò a intervistare la star!
A presto!
Comunque, il futuro prossimo mi riserva tre imperdibili appuntamenti con il grande musical, ed altrettante splendide opportunità di conoscere di persona dei veri eccezionali performer.
Dunque: il 16 novembre arriva a Trieste, al "Rossetti", the greatest story ever told, il musical per antonomasia: Jesus Christ Superstar, nella nuova versione della Compagnia della Rancia firmata da Fabrizio Angelini completamente tradotta e adattata in italiano da Franco Travaglio e Michele Renzullo.
Spero due cose: 1) Considerato che il 16 e 17 novembre sarò in trasferta in quel di Siena e Orvieto, confido che l'ufficio stampa mi riservi due posti in una qualsiasi delle repliche di sabato e domenica, così potrò vedere anch'io lo spettacolo - del resto adesso è troppo tardi per comprare due biglietti! - e 2) Reincontrare Fabrizio Angelini, che avevo già intervistato per il divertentissimo Nunsense, e chiedergli perché mai si è buttato in questa avventura italiota quando proprio in quella occasione mi aveva raccontato che per lui JCS era intoccabile e non lo vedeva proprio allestito nella lingua nazionale! Vabbè, scherzo (ma no, questa domanda gliela faccio, eccome)... Comunque a leggere le opinioni e le critiche dello show, è uno spettacolo davvero fatto bene con delle liriche italiane che calzano a pennello; del resto, di Franco c'era assolutamente da fidarsi. Ah sì, 2bis) Anche Franco mi ha promesso un'intervista via email, proprio sugli aspetti "tecnici" dell'adattamento. Aspetto notizie, o magari di vederlo a Trieste o Torino (trasferta il 24 novembre!)
Proseguiamo: comincio a non stare nella pelle, perché si avvicina il 9 dicembre quando, sfruttando il bel ponte dell'Immacolata, con Paola e suoceri andrò a Vienna tre giorni a farmi una scorpacciata di atmosfera natalizia e soprattutto a vedere Rebecca, il nuovo capolavoro di Michael Kunze & Silvester Levay, gli autori - per i pochi che non lo sapessero - di quel gioiello musical-e che è Elisabeth.
Rebecca ha debuttato un mese e mezzo fa al Raimund Theater ed è già un hit clamoroso: e non poteva essere altrimenti, a giudicare dalla spettacolare preview che si può vedere su youtube e dalle recensioni entusiastiche della stampa e degli spettatori. Questa estate ho letto il romanzo di Daphne Du Murier dal quale è tratto (assieme alla versione cinematografica di Alfred Hitchcock con Joan Fontaine e Laurence Olivier), già immaginandomi come poteva essere tradotto sulle scene... e un po' ci ho azzeccato!
La curiosità più grande è veder finalmente in scena Uwe Kroeger - nel ruolo di Max De Winter - sperando che proprio quella sera non sia sostituito; non da meno sentire il main theme cantato da Susan Rigvava Dumas - la tenebrosa Mrs. Danvers - e abbandonarmi nel fasto dell'allestimento scenico. Wietske Van Tongeren - la voce narrante e seconda sfortunata moglie di Max - l'ho già sentita in Elisabeth a Miramare, ed era stata sovrastata dall'interpretazione di Maya Hakvoort. Vedremo nel ruolo di "Ich" che farà.
Aspetto con ansia che mi arrivi il CD con il cast viennese per prepararmi bene all'appuntamento.
Rebecca sarà preceduto di una settimana da Sweet Charity, sempre al "Rossetti", sempre della Compagnia della Rancia, con Lorella Cuccarini.
Lorella per me rimane un mito televisivo, la trovo simpatica e spigliata oltreché bravissima: l'ho già vista in questo ruolo a Milano, mi sono divertito un sacco - nonostante gli Amici del Musical avessero espresso molte perplessità e critiche negative - e credo che mi divertirò di nuovo. E poi magari riuscirò a intervistare la star!
A presto!
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