E così anch'io sabato scorso finalmente ho visto questo SORPRENDENTE Jesus Christ Superstar messo in scena dalla Compagnia della Rancia. Un'autentica sorpresa, un gioiello teatrale di cui vi riparlerò al più presto, assieme ad una bella intervista a Raffaele Latagliata, Erode nello show ma anche responsabile artistico della produzione.
Per ora sentiamo invece Franco Travaglio, autore assieme a Michele Renzullo dell'altro lato quasi miracoloso di questo musical: la traduzione e l'adattamento in italiano. Conosco Franco da qualche anno (da quando ho cominciato a collaborare con il sito di Amici del Musical), e sapendo la quasi "sacralità" con la quale ha affrontato precedenti traduzioni quali Joseph and the amazing technicolor dreamcoat - un piccolo record: la prima versione in italiano di un musical di Lord Lloyd Webber -, la versione concerto di Elisabeth a Trieste, e la discussa versione cinematografica in italiano del Fantasma dell'Opera, con Jesus non poteva andare che bene. Ma cominciamo dall'inizio...
Com'è nata questa tua passione per il musical?
E' stato proprio vedendo Jesus Christ Superstar, messo in scena da una compagnia americana al teatro Colosseo di Torino, il 28 Marzo 1988. Prima i musical non mi interessavano molto, forse perché li associavo ai film musicali, in Italia completamente rovinati dalla scelta imperante di doppiare solo i dialoghi. Quando ho scoperto i tanti capolavori di Lloyd Webber e degli altri autori degli anni '80, mi si è aperto un mondo: un teatro musicale moderno e coinvolgente, con musiche meravigliose, interpreti incredibili e storie appassionanti. All'epoca però in Italia il musical non esisteva, non c'era nemmeno internet quindi ogni nuovo disco di musical era una vera e propria rarità, da ascoltare con un rispetto quasi sacro. Quando poi sono riuscito ad andare a Londra a vedere i primi veri musical, la passione è esplosa in maniera ancora più violenta, e si è trasformata in voglia di lavorare in questo ambito per contribuire a portare il musical di qualità anche in Italia. Così ho iniziato a tradurre i primi musical, quasi per gioco. Quando le mie traduzioni sono andate in scena a livello professionale è stato un traguardo incredibile e una soddisfazione difficile da esprimere.
Come sei arrivato a tradurre e adattare il "musical dei musical"?
Non avevo mai affrontato la traduzione di quest'opera, perché la ritenevo troppo difficile. Quando Michele Renzullo mi ha proposto di farlo è stato uno dei momenti più belli della mia vita, in cui però la gioia si è abbinata a grande preoccupazione e senso di responsabilità. La versione originale, a differenza di tutti i musical da me tradotti precedentemente, è conosciutissima qui in Italia e le liriche di Tim Rice sono un vero capolavoro, esprimono contenuti rivoluzionari e teatralmente geniali, con delle sonorità meravigliose apparentemente imprescindibili da uno degli score più clamorosi della storia del teatro musicale di tutti i tempi.
Un'impresa titanica quella di tentare di rendere in una lingua così differente da quella inglese come quella italiana, le medesime tematiche, senza tradire lo spirito e la musicalità. Per questo siamo così soddisfatti dell'accoglienza che la nostra opera ha ricevuto, anche presso fan sfegatati venuti in teatro molto prevenuti. Il complimento migliore l'abbiamo ricevuto dal giornale cattolico "L'Avvenire", secondo cui la nostra traduzione "convince per aderenza al testo inglese, immediatezza e musicalità". Proprio quello che ci siamo prefissi!
Da appassionato di musical, cos'hai provato?
E' stato un lavoro molto interessante, creativo nonostante le tante limitazioni. Ci sono stati momenti di difficoltà, in cui certi passaggi sembravano proprio impossibili da tradurre, poi improvvisamente l'illuminazione arrivava nei momenti più impensati. Altri brani invece venivano alla luce in maniera molto naturale, e quando li ascolti sembra quasi che siano nati così. Per fortuna abbiamo avuto molto tempo, quindi l'ispirazione ha avuto modo di esprimersi con i suoi ritmi, che non sono mai immediati. Persino durante le anteprime a Milano e le prime repliche abbiamo avuto nuove idee che hanno migliorato il prodotto finale.
Da che punto siete partiti per l'adattamento? Che criteri avete seguito?
Ognuno di noi (Michele Renzullo ed io) ha fatto una versione completa, seguendo l'ordine cronologico delle scene. Poi abbiamo confrontato le due versioni, approvando quelle che convincevano appieno entrambi e cercando soluzioni alternative ai passaggi che non piacevano all'uno o all'altro. Conclusa così una prima stesura (da cui abbiamo estrapolato due canzoni, che abbiamo inviato a Tim Rice per un primo controllo) l'abbiamo fatta leggere al regista Fabrizio Angelini, al maestro Giovanni Monti e ad altri collaboratori. Seguendo le indicazioni e le richieste di modifica di questi ultimi, abbiamo scritto una seconda stesura che abbiamo inviato a Tim Rice, il quale l'ha approvata in pieno. Su questa versione si sono effettuate altre piccole modifiche durante le prove, soprattutto per venire incontro aesigenze canore degli interpreti.
Quali sono stati i passaggi più difficili? Quali quelli che gioco forza più si discostano dall'originale e quali secondo te "calzano a pennello"?
Sono molto soddisfatto del risultato, anche se ovviamente una traduzione in metrica è sempre un compromesso tra significato, metrica, cantabilità ed efficacia teatrale. Ci sono passaggi in cui tutto quadra perfettamente, ad esempio "Follia e Realtà" (Heaven On Their Minds), che mi piace molto, oppure "Non so chiamarlo amore" (I Don't Know How To Love Him) che a mio parere esprime perfettamente il concetto originale, senza tradire la musicalità di una delle arie più famose della storia del musical. Altri, come certi passaggi del "Processo" di Pilato, erano più difficili perché in poche sillabe dovevamo inserire frasi complesse spesso citate fedelmente dai vangeli, quindi impossibili da rendere con sinonimi, parafrasi e parole diverse da quelle originali. Per questo in alcuni versi il linguaggio può risultare meno immediato. Tutto sommato però la nostra traduzione non si discosta quasi mai dall'originale, al massimo si può dire che certi concetti vengono leggermente semplificati.
In confronto alle precedenti esperienze (Joseph, Phantom, Elisabeth...) cos'hai imparato da JCS?
Che non bisogna mai accontentarsi della prima idea che ti viene in mente, neanche di quella che ti sembra perfetta: ci sono sempre alternative migliori, quindi vale la pena insistere, riscrivere, confrontarsi. Inoltre ho imparato che è molto importante essere disponibili a cambiare certi passaggi, se possono agevolare il difficile compito degli interpreti.
Cosa risponderete alle inevitabili critiche?
Non penso sia utile rispondere alle critiche: se le critiche sono competenti e costruttive, bisogna farne tesoro per le prossime esperienze, se sono gratuite o sono frutto di ignoranza o pregiudizi, lasciano il tempo che trovano, quindi la cosa migliore è ignorarle.
Ci sono altri progetti in cantiere?
Sì, tutti Top secret...!!
...e aggiungi pure quello che vuoi!
Volevo cogliere l'occasione per ringraziare tutti gli spettatori che ci hanno trasmesso il loro entusiasmo riguardo questo spettacolo, ma anche coloro che con le loro giuste osservazioni, anche critiche, ci hanno offerto spunti di riflessione. Se il musical in Italia sta crescendo sempre più è anche grazie a loro!
2 commenti:
Devo assolutamente complimentarmi con il sig. Travaglio per il lavoro di traduzione. Impeccabile! E glielo diece una filologa, anche piuttosto pignola. Congratulazioni!
invece a me non è piaciuta per niente la traduzione, ha stravolto totalmente l'originale.
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