19 giugno 2008

Davide Calabrese & Friends: chiacchiere a quattro voci

E' passato qualche tempo, è vero, chiedo perdono; ma siccome è stato un bel spettacolo, e in più ho avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con i quattro interpreti, vi riporto l'intervista con Davide Calabrese, Alberta Izzo, Marco Rea e Raul D'Eramo dopo il recital "Variazioni su Lloyd Webber".

Davide, cominciamo da te. Leggo che hai un passato da mimo, psicologo, da mangiafuoco... com'è stata questa parabola che ti ha portato poi a fare il perfomer?
Mah... il mimo e il mangiafuoco li facevo mentre frequentavo la Bernstein School a Bologna, città molto costosa, e quindi per non gravare sulla famiglia alla domenica andavo in piazza e facevo il mimo e il mangiafuoco per i festival di strada!
E tu, Alberta?
No, io non facevo la mangiafuoco! (ride) Io artisticamente nasco come ballerina, ho fatto tantissime audizioni in tv, ma niente da fare. Ho poi partecipato all'audizione per Bulli e Pupe,
facendo una figura che non ti dico perché in realtà non sapevo cosa si portasse ad una audizione per musical! Ma ho passato la selezione per la danza, sono entrata nella produzione, poi in Hello Dolly e poi mi hanno fatto fare Sandy in Grease!
Hai debuttato a Trieste, quindi...
Sì sì! Alla Sala Tripcovich!
Bene... Io non c'ero! (rido io) Ma andiamo avanti. Raul, tu come sei arrivato in questa allegra combriccola?
Sono capitato nel gruppo perché io e Davide abbiamo frequentato, anche se in periodi diversi, la BSMT, dove si siamo incrociati: io mi diplomavo, lui entrava. Però era destino che lavorassimo assieme, abbiamo fondato con altri amici gli Oblivion, di Bologna, con i quali abbiamo fatto molti spettacoli interessanti per quello che era il panorama locale: Café Chantant, un omaggio al Quartetto Cetra, uno spettacolo con i Gemelli Ruggeri e quindi è nata, oltre che una collaborazione, una forte amicizia. Poi ho iniziato a studiare canto lirico e un po' mi sono staccato, però l'amicizia è rimasta e anche la volontà di fare qualcosa insieme, come in questo recital dove abbiamo cercato dei pezzi di Webber che potevano essere interpretati anche da un cantante lirico.
Con gli Oblivion c'è anche qualcosa sul web, giusto? Di cosa si tratta?
Davide: Con Oblivion tutti i nostri filmati degli spettacoli vecchi sono stati messi su youtube, e in più abbiamo fatto una "Oblivion Tv", cioè una serie di clip che girano solo sul web, doce abbiamo coinvolto anche altri artisti di musical provenienti da Rent o da Joseph o dall'ultimo JCS...
Però ora tocca a Marco: tu come sei finito qui?
B
è, prima di conoscere il musical, il mio obiettivo era il cinema; ho infatti debuttato a Roma come attore, e volevo intraprendere quella strada. Però ancora non riuscivo ad entrare nel meccanismo cinematografico e televisivo, forse perché non bussavo alle porte giuste. Allora c'è stato un momento un po' buio, di riflessione, dove mi sono chiesto cosa ci fosse oltre alla professione dell'attore: c'è il canto, c'è la danza... allora, magari in una età un po' tarda, mi sono permesso di farmi avanti nel musical, studiando in una scuola. Incontravo ballerini fortissimi, e io mi sentivo di legno; potevo forse avere qualche agevolazione sulla recitazione, ma nella danza ero un po' sacrificato. Mi salvò il tip tap!
Indossai la prima volta un paio di scarpe con le claquette, e camminavo, e dicevo: ma che c'ho sotto i piedi? Che è 'sto rumore che faccio? Nell'altra sala c'era un vecchietto, che mi guardava e mi diceva: vieni qua! Questo maestro, che adesso non c'è più, e vorrei tanto ricordarlo, si chiamava Tony Ventura, il più grande coreografo che abbiamo avuto in Italia per il tip tap. E lui mi ha dato delle nozioni non tanto sulla tecnica, ma sulla bellezza e lo stile del tip tap che può essere dato sia con i piedi, che con il viso, le mani... e così è nata questa avventura. Debuttai in Tutti Insieme Appassionatamente, dove conobbi Raul, Davide e Alberta, che mi hanno proposto questa cosa. E il risultato penso sia stato abbastanza gradevole.
E allora veniamo allo spettacolo di stasera, su Lloyd Webber. Per voi, quanto è difficile cantare i suoi brani?
Davide: di più! Andrew LLoyd Webber è veramente difficile per un performer, per una serie di ragioni: principalmente perché scrive per uno strumento, non per un cantante. Quindi fa dei salti tremendi, sia di ottava che di altre cose. Poi la tessitura è molto alta, sia per donna che per uomo; per esempio, di Evita abbiamo preso gli spartiti originali, e si vede che lavora in una posizione molto difficile per una donna... E poi Webber si riconosce sempre perché nei duetti d'amore ha un quarto d'ora di strumentale prima di ripartire sulla nota più alta che puoi avere in repertorio! In tutti, dal Fantasma dell'Opera, a Sunset Boulevard, ma anche in Tell Me on a Sunday: si ferma un po' e poi TAHHHH!!! Riparte su note altissime, tremende.
Rispetto a Sondheim, invece, più volte citato - ma solo a parole - all'inizio dello spettacolo?
Davide: Lancio la palla a Raul, che ha già fatto Into the woods e Company a Trieste.
Raul: Sondheim, nel panorama del musical, è certamente più rapportabile ai compositori classici; benché scriva molto difficile dal punto di vista ritmico e armonico, scrive bene per i cantanti, a differenza di Webber, che ha in mente una sua linea melodica e dove vanno a parar le note, vanno; sarà compito del cantante di uscire da questo impasse. Sondheim ha ben presente quello che serve per un cantante, anche se a volte è difficile intonare i suoi brani perché la melodia magari è molto precisa, ma l'accompagnamento fa tutta un'altra cosa! Poi, è anche questione di gusti; Sondheim è più cerebrale, più intellettuale... e può piacere o meno.
Nel programma vi siete fermati nel 1996… Mancano le ultime due opere di Webber, The Beautiful Game e The Woman in White; e in questi casi, anche se è un’impresa titanica condensare il suo lavoro in un’ora e venti, salta sempre all’occhio quello che manca.
Davide: Sì è vero. E il grande assente è anche Starlight Express! In realtà manca anche Memory (l’avrebbe cantata Daniela Pobega nel concerto della settimana successiva, nota mia), e Alberta è stata ben contenta! In effetti gli ultimi due musical non li abbiamo affrontati per riuscire a coniugare quello che volevamo fare con l’essere il più possibile “popular”; perciò abbiamo studiato un repertorio fruibile, abbiamo inserito anche Whistle down the Wind dopo Cats, così passa indolore…
Ma per voi perfomer, com’è lavorare in Italia? Sulla lista di Amici del Musical se ne leggono tante, e il musical è in crisi, e non c’è qualità… voi come la vivete?
Davide: Noi siamo contenti, abbiamo avuto delle ottime esperienze. Però leggo e so anche di situazioni molto tristi. Il musical è un po’ bistrattato, su questo siamo d’accordo. L’unica cosa che auspicherei è l’arrivare alla cultura inglese del musical; ma per far arrivare al pubblico l’emozione vera ci vuole l’orchestra dal vivo, e questa è ancora una grossa pecca. Quando supereremo completamente l’ostacolo delle basi sarà un salto in avanti molto grosso.
Avendo anche un rappresentante dell’opera… Dietro le quinte si vive l’antagonismo opera-cultura “alta” contro il musical-cultura popolare?
Raul: Personalmente no. Visto che io arrivo dal musical, in qualche maniera, ho anche la cognizione di quelle che sono le difficoltà di cantare in un musical. E’ vero che nell’opera non c’è microfono, ci vuole un’altra tecnica che ci metti anni a costruire, però quando sento persone che cantano l’opera bistrattare il musical come forma di teatro musicale secondaria, ci vado coi piedi di piombo e puntualizzo: è un’altra cosa, un altro stile. Ma come utente teatrale di musical, devo dire che passa più emozione con il musical, perché l’opera è diventata molto statica, dedichi molto di più alla coloritura vocale che alla presenza scenica, e allora se volessi sentire un cantante d’opera cantare bene, me ne sto a casa a sentire un cd… Invece il musical mi ha sempre dato emozione. Rimane in ogni caso un ambiente dove i cachet sono molto più alti, dove forse c’è anche meritocrazia, perché se non riesco a cantare certe note, non lavoro…
E dei reality-casting che imperversano sulle reti televisive americane, inglesi e tedesche cosa pensate? Shawna Farrell li ha bollati di superficialità.
Davide: Io mi permetto per la prima volta in vita mia di dissentire da “mamma” Shawna. Perché io e Alberta, per esempio, abbiamo fatto Grease con Flavio Montrucchio, Tutti Insieme Appassionatamante con Michelle Hunzicker e Luca Ward… queste persone, magari possono essere scelte con superficialità, però, se con questi primi nomi riesci a costruire un cast di altre tredici persone, tredici performer che così possono essere visti e lavorare grazie a questo richiamo televisivo… bè, in Italia il binomio teatro-televisione ci vuole…
Marco: Io, stando a Roma, mi sono reso conto che la cultura è diversissima. A Roma abbiamo avuto Garinei e Giovannini, che hanno creato la commedia musicale all’italiana, perciò i romani non sono ancora così preparati ad un Fantasma dell’Opera o musical di questo genere. Però esiste Cinecittà, che è un grande punto di riferimento per i ragazzi di oggi che vogliono lavorare nello spettacolo, che non è tanto quello che diceva Raul sulla fatica del cantare, lo studio e tutto il resto, ma è fare subito quel passo in avanti per arrivare davanti una macchina da presa. Il guaio è che, purtroppo, non sono solo i ragazzi a presentarsi, ma i genitori che li spronano. Già da lì parti con il piede sbagliato per costruire una cultura giusta non solo per lo spettacolo in genere, ma anche per il musical. E venendo a Trieste mi sono reso conto che qui il pubblico ama davvero questo genere, assieme all’operetta; a Roma pensi invece di più al personaggio famoso che sta sul palco.
Davide, da triestino: è vera questa cosa? Recitare a Trieste piuttosto che Roma, Napoli, Milano o altre città, che differenza fa?
Davide: Gli attori sanno dove ci sono le mete difficili. Napoli è la meta difficile per qualsiasi attore di prosa, per esempio; Trieste, per quanto riguarda il musical, è conosciuta come una meta difficile, c’è un pubblico esigente e attento, preparatissimo nel teatro musicale, e quindi difficilissimo da conquistare. Perciò è un’emozione doppia.
Concludiamo con la solita domanda: prossimi impegni?
Davide: Io sto chiudendo alcuni laboratori qui in regione con le scuole elementari e medie tra Gorizia, Pordenone e Trieste. Poi continuo la mia collaborazione con Alfredo Lacosegliaz con una serie di concerti sul futurismo.
Alberta: Momento di pausa e di provini.
Raul: Io sto portando in giro con la soprano Roberta Riccetti e l’attrice Elisa Gabrielli di Terni un concerto che si intitola Non sei tu che sei l’anima mia, con duetti d’opera dal Ballo in maschera, Traviata e Tosca intervallati da monologhi recitati. E poi metterò di più il naso nel mondo del musical.
Marco: Molti provini in atto per le prossime stagioni, ma adesso sono entrato nella soap Un posto al sole come guest, un personaggio cattivello ma che spero duri!
Ragazzi grazie… non so come – e quando – riuscirò a condensare la nostra chiacchierata… ma ce la farò!

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Intervista titanica il condensare un'intervista di un'ora e mezza con 4 chiacchieroni così....

Grazie Francesco. Quando lascerai l'edilizia e ti darai completamente al Musical ti saremo tutti grati. Non perchè tu non valga nel primo settore ma perchè ci servi a tempo pieno nel secondo.

Un abbraccio

DAVIDE Calabrese

Anonimo ha detto...

opppppppppppppsssssssss...

volevo dire IMPRESA titanica......

DAVIDE

Francesco Moretti ha detto...

Davide, questo è uno dei migliori complimenti di sempre che mi siano stati fatti! Grazie!