25 novembre 2007

Giò di Tonno: "Mr. Hyde, la nostra metà oscura"

22 novembre 2207 - Giò di Tonno l’avevo visto e sentito nei panni coccianteschi di Quasimodo, nell’imponente allestimento del Notre Dame de Paris, dove interpretava – gobbo e imbruttito – il celebre protagonista dell’opera di Hugo. Ora, nelle doppie vesti di Henry Jekyll ed Edward Hyde, è di nuovo imbruttito per buona parte dello spettacolo, ma almeno si apprezza molto di più il bel timbro chiaro e la notevole estensione vocale che sfodera in Jekyll & Hyde, il musical di Frank Wildhorn e Leslie Bricusse attualmente in tournee in Italia, per la prima volta interamente in italiano. L’appuntamento questa volta è al telefono, due giorni dopo l’applaudita “prima” triestina al Politeama Rossetti. Abbiamo appena una manciata di anni di differenza; passiamo subito al “tu”.

Partiamo proprio dalla traduzione e dall’adattamento, allora, sicuramente l’aspetto che attendevamo con più curiosità. Un bel lavoro, no?...

Sì. E uno dei primi rischi è quello di fare una traduzione letterale che rischia di rovinare quanto di buono ci può essere nell’originale.

Ma il fatto di cantare in italiano un musical così conosciuto? Cantarlo in italiano piuttosto che in inglese, per voi cosa cambia? E poi immagino l’avrai ascoltato allo sfinimento…

E’ difficile perché in italiano abbiamo innanzitutto quell’ultima sillaba in più, a differenza dell’inglese che ha parole molto più brevi e piene di vocali; abbiamo molti gruppi consonantici, e tante volte perdiamo gli appoggi… E poi, l’ho ascoltato sì, ma non allo sfinimento; l’ho sentito quanto basta, perché non ne volevo essere troppo influenzato. Vedi, venendo da un format come Notre Dame de Paris, in cui tutto doveva essere identico all’originale, qui c’era a priori una scelta di produzione già diversa, un po’ più libera. La stessa cosa nella costruzione del mio personaggio: ho cercato di non lasciarmi troppo deviare. Spero di aver reso una versione un po’ diversa, ecco.

Ma questo allestimento come nasce? Chi ha avuto l’idea di portare proprio Jekyll & Hyde in Italia, e in italiano?

Il primo interessamento è stato di una compagnia dell’Aquila, il TeatroMusica Mamò, che inizialmente ha acquistato i diritti dall’MTI insieme ad una serie di repliche, non proprio ufficiali, e hanno contattato me per fare un allestimento di rodaggio. Che però è servito; spesso queste cose si fanno per attirare l’attenzione dei produttori, e fortunatamente ci è venuta in soccorso il Teatro Stabile d’Abruzzo, che ha voluto provare questa sfida. Il musical non è infatti il genere di questo teatro, però tanto di cappello, perché hanno fatto un investimento importante, e sono stati lungimiranti nel credere in questa operazione. Ci sono tanti esempi di musical italiani, anche fatti ex novo, che magari lasciano perplessi; invece esistono spettacoli già pronti, belli, famosi che non vengono presi. E mi ero anche chiesto come mai uno spettacolo così bello non fosse mai stato portato in Italia.

Da fuori si ha l’impressione che sia comunque uno spettacolo “povero”, fatto con pochi mezzi…

Sì, è così.

Ma volendo, con molti più soldi in ballo, ci sarebbe un’orchestra dal vivo, una scenografia più ricca, effetti speciali; tutto lo spettacolo ne gioverebbe, e sarebbe un bel biglietto da visita anche per altri titoli.

Ti dico sinceramente che l’obiettivo è quello. Si è partiti consapevoli dei nostri mezzi, man mano vediamo il riscontro, e ci saranno degli arricchimenti. Che non vuol dire stravolgimenti, perché questo è uno spettacolo che comunque, anche con una messinscena essenziale, funziona; la scelta, dettata poi da una mancanza di mezzi o anche da una precisa scelta registica, di eliminare effetti speciali, fiamme e sangue, credo che alla fine potrebbe anche pagare. E non è detto che allo spettatore arrivino poi certi messaggi, anzi a volte, come si fa in un certo teatro, è da quello che si toglie che poi si ottiene di più.

Nelle interviste recenti, hai un po’ giocato su questo passaggio di ruolo da Quasimodo a Jekyll, due personaggi deformi; ma volendo c’è anche un altro bel ruolo “deforme” che è quello del Phantom. Rientra nei tuoi sogni di interprete?

Vedi, mi sono avvicinato relativamente da poco al mondo del musical, perché in realtà io nasco come cantautore e cantante; Notre Dame era poi un’operazione già diversa rispetto ai musical anglosassoni. Mi sto facendo una cultura strada facendo e ovvio che il personaggio del Phantom sarebbe bellissimo. In Italia c’è stata la versione cantata dal mio amico Luca Velletri, che tra l’altro trovo un lavoro fatto davvero bene. Poi vediamo, se me lo propongono…

Tra l’altro il doppio ruolo di Jekyll e Hyde è vocalmente molto impegnativo: in pochi attimi devi passare da un timbro brillante ad uno molto più cupo e roco.

Questa versatilità, per fortuna, ce l’ho un po’ nelle corde, e magari per molti era sconosciuta perché mi avevano visto e sentito solo nel ruolo di Quasimodo, che però seguiva certe scelte dell’autore di voler plasmarlo così. Qui sono più libero di esprimermi in toto... e poi, se ci saranno ruoli simili, dove posso mettere al servizio la mia voce, ben vengano.

C’è però un’andatura “quasimodesca” nella tua caratterizzazione di Hyde…

In realtà la scelta era di farlo un po’ gorillone, seguendo anche quello che c’è scritto nel romanzo di Stevenson, dove Jekyll diventa quasi una scimmia, si rimpicciolisce. Ma in teatro, non potendo rimpicciolirmi, ho deciso di farlo così, con questa andatura claudicante... Certo c’è il rischio che si riporti a Quasimodo, perché è un personaggio talmente fresco nei ricordi degli spettatori… cercherò di eliminare i rimasugli! Sai, è così difficile passare in così poco tempo da un ruolo al’altro, perché nel frattempo avevo anche ripreso una tournee di Notre Dame, però ci sono tante cose sulle quali mi rendo conto che devo ancora lavorare, pulire. I personaggi li fai tuoi completamente dopo un certo numero di repliche.

A proposito, il tour italiano di Jekyll & Hyde come andrà avanti?

Dunque, ci fermeremo il 23 dicembre passando per Bergamo, Genova, Piombino e Bologna; poi riprenderemo a febbraio con Reggio Calabria, poi il “Ciak” a Milano, Varese, e avanti fino a Roma, dove speriamo di arrivare rodati e con quegli accorgimenti e migliorie che ti dicevo.

Questo musical porta con sé un messaggio purtroppo sempre attuale, anche considerando gli ultimi, bruttissimi fatti di cronaca: il marcio che si nasconde dietro questa facciata di perbenismo. Tu come lo vivi?

Oddio, la vivo come la vivono tutti, cioè come una cosa che fa parte della nostra vita; quando mi hanno chiesto da che cosa potevo trarre ispirazione, ho risposto anche dalla vita di tutti i giorni. La consapevolezza che anche il nostro vicino di casa può essere un terribile Hyde mentre lo conosciamo come irreprensibile Jekyll, è ovvio che ci lascia tutti interdetti, è una cosa che mette i brividi. Ma se, come dice proprio Jekyll, riuscissimo non dico a eliminare il male che alberga in ognuno di noi, la nostra metà oscura, ma almeno a separare le due cose… se uno riuscisse ad avere un rapporto migliore con sé stesso sicuramente vivremmo in un mondo migliore per tutti. Ma io sono uno che ci crede, esiste sicuramente un mondo migliore davanti a noi!

8 commenti:

beasoriani ha detto...

Complimenti, davvero una bella intervista. Vedrò il musial il 20 e ora non vedo l'ora più che mai. Mi piace l'approccio che hanno avuto, e la modalità mi da speranza anche per il progetto mio e di Valeria che riguarda Tanz der Vampire ed Elisabeth...che bello trovare persone coraggiose che vogliono rischiare in queste cose....

Francesco Moretti ha detto...

Grazie!
Ma raccontaci un po' di questi progetti su Tanz ed Elisabeth, ti va?

beasoriani ha detto...

Certo che mi va!
beh, tutto è cominciato da una grande passione per questi due musical, che ha fatto sì che io e Valeria ci incontrassimo! Valeria aveva già abbozzato una traduzione di Elisabeth, per la quale io ho solo dato una mano marginalmente, e poi insieme abbiamo tradotto anche Tanz: adesso abbiamo per le mani due adattamenti italiani belli e fatti... che secondo me starebbero benissimo sul "mercato" italiano. Ora ti risparmio i dettagli degli scambi epistolari con la VBW e persino il buon Michael Kunze...la sostanza comunque è che finché una compagnia non decide di mettere in scena uno di questi due musical non è possibile ufficializzare la cosa (perché in parole povere a loro non porta niente economicamente ufficializzare una traduzione fine a se stessa...mentre invece se c'è una produzione naturalmente le cose cambiano). Quindi il nostro problema ora è quello di convincere qualche compagnia a produrre Tanz o Elisabeth...mica facile, eh?
Per questo la storia del gruppo Mamò e di J&H mi rincuora. Li ammiro molto per il coraggio e per la fortuna che hanno avuto nel trovare qualcuno che credesse in loro...spero che capiti lo stesso anche per noi!

Anonimo ha detto...

Più sento parlare di questa produzione di Jekyll & Hyde, più cresce la voglia di vederla. Ancora una ventina di giorni... E stai a vedere che non rimpiangerò Vienna... :-))

Francesco Moretti ha detto...

Per carità, Martina; siamo lontani anni luce dalle produzioni viennesi. Diciamo che questo è un onesto prodotto artigianale.

Anonimo ha detto...

Dobbiamo ripeterci : i nostri sono onesti prodotti ma è oltre Frontiera che fanno le cose sul serio. Se la passione è forte (e si ha tempo per farlo), ci si mette i soldi da parte e si va, sennò ci si accontenta; dice un vecchio adagio "chi si accontenta, gode"...
Ciao
Josef

Francesco Moretti ha detto...

Infatti, caro Josef: io ormai guardo gli spettacoli italiani con questa filosofia. Onesti spettacoli artigianali, ogni tanto qualcuno spicca (quelli che mi hanno più colpito: Vacanze Romane, Pinocchio, The Producers, JCS), ma l'impressione è ahimé sempre quella. Finché non aprirà una seria, colossale, produzione stanziale, con un titolo acchiappa-tutti (proposte: Lion King, Beauty & the Beast, Phantom of the Opera), in Italia il musical-come-si-deve non decollerà mai.

Anonimo ha detto...

Ho appena visto lo spettacolo a Milano. Molto brutto, e mi spiace davvero doverlo dire. Al di là di una fonica che definire parrocchiale è un complimento, è stato un disastro: Giò di Tonno ha un bel timbro, ma la sua interpretazione era priva di pathos. Le due interpreti femminili appena sufficienti, con cantati troppo gridati e, per Lucy, alcune note alte fin troppo critiche da affrontare. Cantanti spesso fuori tempo. I cori registrati una scelta discutibile. Emozione zero. Regia evidentemente assente. Ripeto, mi dispiace - e molto - doverlo dire, ma una produzione come J&H non può essere affrontata in modo così approssimativo.